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Quaderni di diritto ecclesiale 12 (1999) 95 - 122

 

Un nuovo tipo di seminario?

I seminari diocesani missionari

"Redemptoris Mater"

di Bruno Esposito

 

Introduzione

Un recentissimo documento curato dalle Congregazioni per l'educazione cattolica, le Chiese orientali e gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha richiamato con forza l'importanza di una pastorale vocazionale, attenta ai segni dei tempi, che sappia suscitare "nuove vocazioni per una nuova Europa1. Detto documento è l'ultimo di una lunga serie, espressione di quanto la Chiesa sia cosciente di quale bene inestimabile sia soprattutto la vocazione al sacerdozio e quindi della necessaria attenzione da riservare sia alla pastorale vocazionale sia alla formazione dei candidati al sacerdozio2.

Il concilio Vaticano II ha analizzato e definito l'identità e la missione del presbitero nel decreto Presbyterorum ordinis e ha stabilito gli aspetti essenziali della sua formazione nel decreto Optatam totius. Ma la riflessione della Chiesa dopo il Concilio è continuata3, nell'intento di approntare una formazione al presbiterato che sappia coniugare l'identità essenziale del sacerdote, che non muta, con l'adattamento ai nostri tempi, ai suoi bisogni, alle novità di richieste, e quindi di risposte, che esso porta con sé4. Crediamo sia questo lo sfondo nel quale collocare la figura, relativamente nuova, dei seminari diocesani missionari "Redemptoris Mater"5.

Per poter cogliere meglio la specificità e l'innovazione di questo tipo di seminario, sembra opportuno sviluppare il presente studio dividendolo in tre punti: 1) breve storia del Cammino Neocatecumenale; 2) l'idea di un seminario missionario diocesano; 3) aspetti canonistici sulla normativa propria di questi seminari. A conclusione si darà una nostra valutazione complessiva. Infine, a modo di appendice, si crede di fare cosa utile riportando tre documenti a tutt'oggi non pubblicati: a) Decreto di approvazione definitiva dello Statuto e della Regola di vita del seminario "Redemptoris Mater" di Roma (1990); b) Statuto e c) Regola di Vita del medesimo seminario, che di fatto hanno costituito il prototipo a cui hanno fatto riferimento tutti gli altri seminari canonicamente eretti nelle varie parti del mondo per lo stesso scopo6.

 

Breve storia del Cammino Neocatecumenale7

Si è creduto necessario iniziare con una breve presentazione delle caratteristiche principali del Cammino per due motivi. Innanzi tutto perché chi non ha avuto occasione di interessarsene direttamente rimane inesperto o ha spesso una conoscenza frammentaria fatta perlopiù di luoghi comuni; secondariamente perché affrontare la figura giuridica dei seminari "Redemptoris Mater" prescindendo dalla realtà dalla quale sono nati significherebbe precludersi ogni possibilità di corretta valutazione.

Quella che potremmo chiamare la prima Comunità Neocatecumenale nasce nel 1964 a Madrid e vedrà come primi componenti i baraccati di "Palomeras altas". Tra questi ultimi, e con questi, due giovani spagnoli, Kiko Argüello e Carmen Hernàndez, cominciano timidamente a intravedere un modo nuovo, ma che poi è antico, di intendere e di vivere la vita di fede.

  • "Con meraviglia fummo testimoni di una parola che, facendosi carne in gente così povera che la accoglieva con gioia, dava luogo alla nascita di una comunità e di una liturgia sorprendente per la risposta di tanti fratelli che, pieni di peccati, benedicevano il Signore che si era ricordato di loro: così, in un periodo di tre anni, vedemmo apparire davanti ai nostri occhi un tripode sul quale si sarebbe basato il Cammino che il Signore andava creando: l'embrione di un Catecumenato"8.

  • Alla luce di questa felice intuizione, che individuava nella parola, nella liturgia e nella comunità la base su cui radicare il cammino personale di conversione, il solo che porta a quella fede adulta oggi sentita come indispensabile nella prospettiva tracciata dal concilio Vaticano II, e attenti e docili alle mozioni dello Spirito, questa prima esperienza si diffuse in modo imprevedibile prima in Spagna, poi in Italia e successivamente in tanti altri Paesi fino ad arrivare alle attuali 105 nazioni dei cinque continenti, con un numero di circa 15 mila comunità in cinquemila parrocchie di ottocento diocesi9.

    Vediamo ora più da vicino le caratteristiche e le tappe di questo cammino di fede. Sempre una nuova Comunità Neocatecumenale nasce all'interno di una parrocchia10, perché il parroco ha espresso la volontà di avere questo tipo di approfondimento della fede nella propria cura. Di solito egli si rivolge a una parrocchia (dove già esiste il Cammino richiedendo dei catechisti "i quali si impegnano ad iniziare e guidare il Neocatecumenato, in comunione col parroco. I catechisti parlano anche con tutto il presbiterio, presentando la necessità di inaugurare una pastorale di evangelizzazione attraverso un Catecumenato post-battesimale; successivamente hanno un incontro con i movimenti della parrocchia e, da ultimo, fanno un invito a tutti i fedeli durante le Messe domenicali"11. La proposta che di fatto viene lanciata, negli annunci durante le varie messe, per partecipare alle Catechesi iniziali, che precedono ordinariamente la nascita di una nuova Comunità, a vicini e lontani, a tiepidi e a persone già impegnate sul piano della fede, è quella di una riscoperta del proprio essere cristiani, delle conseguenze essenziali del proprio battesimo attraverso un Neocatecumenato che procede per tappe, molto simile a quello che la Chiesa dei primi secoli aveva previsto per i neofiti, ed evidentemente adattato alla loro situazione di battezzati.

     

    Prima tappa: il Kerygma

    Nei successivi due mesi, nel corso di due incontri settimanali, vengono portate avanti le varie catechesi che mirano essenzialmente all'annuncio della Buona Novella centrata su quello che le persone stanno di fatto vivendo nella loro situazione. Un annuncio che cala nella loro vita e illumina le gioie e i dolori. Queste catechesi sono portate avanti da un équipe composta da un sacerdote, da una o due coppie di sposi e da un giovane. Questo ciclo di catechesi si conclude con una convivenza di tre giorni al termine della quale, normalmente, nasce la Comunità. Sua caratteristica sarà quella di essere massimamente eterogenea per età, cultura, censo, ecc., e di rispecchiare in piccolo la multiformità del Popolo di Dio.

    Inizia, quindi, la fase chiamata di precatecumenato, durante la quale la comunità come tale inizia il suo cammino di approfondimento della fede, incontrandosi una volta alla settimana per celebrare la parola di Dio ed un'altra, il sabato sera, per l'eucaristia. Inoltre, ogni mese si avrà una celebrazione del sacramento della penitenza e poi, in una delle domeniche del mese, ci si ritroverà per una convivenza di un giorno, in cui c'è la possibilità di condividere con i fratelli come di fatto la Parola sia o meno calata nella propria vita.

    Questa prima tappa si conclude, all'incirca dopo due anni, con lo scrutinio di passaggio al Catecumenato. "In questo scrutinio, alla presenza del vescovo, viene posta davanti alle persone la prima parte del loro battesimo affinché dicano "Amen" e la grazia da esso conferita possa crescere e operare, aprendo la porta al Catecumenato12.

     

    Seconda tappa: il Catecumenato postbattesimale

    Questa tappa del Catecumenato prevede due periodi. Nel primo la Comunità, attraverso una sempre più intima familiarità con la Parola e l'eucarestia, porta i fratelli che la compongono a mettere sempre più al centro della loro vita Cristo. Questo periodo si conclude con il secondo scrutinio. Inizia quindi il periodo di Catecumenato in cui "i Catecumeni sono iniziati dai catechisti ad una preghiera individuale e quotidiana con la consegna dei Salmi"13. È questo lo scrutinio dell'iniziazione alla preghiera, a cui seguiranno quelli della Traditio e della Redditio Symboli, nei quali ogni membro della Comunità è messo di fronte alla responsabilità assunta nel battesimo e nella cresima di essere testimone della fede.

    Terza tappa: l'Elezione, la rinnovazione delle promesse battesimali

    Con questi due momenti forti, al termine di un cammino, che può essere di quindici o venti anni, si conclude questo "itinerario nella fede", ma continua la presenza della Comunità nella Chiesa locale. Semplice e umile testimonianza che è possibile ed è gioioso coniugare vita e fede, a condizione che ci si fidi di Dio e ci si lasci guidare dal suo Spirito14.

    In queste Comunità, durante i diversi anni di cammino, sono sorte spontaneamente vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa, singoli o coppie disponibili a essere Catechisti itineranti nelle varie parti del mondo, vergini o vedove che si mettono a disposizione per l'evangelizzazione, ecc.

     

    L’idea di un seminario missionario diocesano

    Come si è accennato, tra i primi frutti del Cammino abbiamo una figura abbastanza nuova: quella dei Catechisti itineranti, ossia uomini e donne, per lo più coniugati, che hanno fatto un'esperienza forte di Cristo nella loro esistenza (esistenza che è risultata trasformata) e che mettono la loro vita a completa disposizione dell'evangelizzazione, della propria e delle altre nazioni, per ogni luogo dove un parroco o il vescovo lo richieda.

    Queste richieste quasi subito si sono moltiplicate, soprattutto da parte di quei paesi in cui la fede, anche se per differenti cause, è in crisi o duramente provata. Quindi, quasi naturalmente, si sono affiancati a questi catechisti le prime Famiglie in missione, al fine di iniziare una sorta di reimplantatio Ecclesiae in quei posti ormai scristianizzati o sulla via della scristianizzazione. Si ha quindi un primo invio, esattamente il 28 dicembre 198615, di Famiglie in missione da parte del Romano Pontefice per la rievangelizzazione del Nord Europa su richiesta dei vescovi di Hannover, Stoccolma, Copenaghen e di altre diocesi.

    Successivamente, soprattutto con l'invio di famiglie nelle zone più povere dell'America del Sud, sorse sempre di più il problema di un sacerdote che seguisse le nuove comunità cristiane che molte volte andavano costituendosi intorno a nuove parrocchie prive di tutto. All'inizio si cercò di provvedere attraverso la collaborazione con vari seminari diocesani, soprattutto il seminario romano e il Capranica, dove già da alcuni anni andavano coloro che attraverso il Cammino avevano scoperto la loro vocazione sacerdotale. Ma pian piano si fece sempre più chiara l'idea di costituire un seminario diocesano missionario: seminari che, nello spirito dei fondatori del Cammino, "non sono seminari del Cammino Neocatecumenale, ma sono veri seminari diocesani missionari: cioè sono i vescovi che comandano e hanno la responsabilità su questi sacerdoti. La specificità di questi seminari è che i presbiteri possono essere inviati dal vescovo in tutto il mondo, venendo così incontro alla scarsità di clero di molte diocesi"16 .

    L'idea in quel momento non venne accolta in modo entusiastico dalla Congregazione per l'educazione cattolica. La maggiore difficoltà proveniva dal fatto della non opportunità di affidare un seminario diocesano a un movimento ecclesiale. Per lo stesso Kiko il motivo di questa presa di posizione risiede sulla equivocità del termine "movimento". Infatti "noi (...) non sentiamo di essere un movimento, ma una iniziazione cristiana post-battesimale che si apre nella parrocchia e finisce in essa facendo cristiani adulti"17 . In ogni modo le difficoltà all'epoca si risolsero in quanto lo stesso Pontefice non si oppose al sorgere di questo tipo di seminari. Anzi, il primo è sorto proprio nella diocesi di Roma nel 1988.

     

    Aspetti canonistici sulla normativa propria di questi seminari

    Al fine di rendere quanto più chiaro lo svolgimento di questo punto centrale del presente studio, esso sarà diviso in due parti: indicazioni e norme attualmente vigenti circa i seminari in genere; statuto giuridico proprio dei seminari "Redemptoris Mater".

    Indicazioni e norme attualmente vigenti circa i seminari in genere

    Si intende solo richiamare qui i principali interventi del magistero18, in ordine cronologico, che al presente disciplinano i seminari e l'impostazione formativa di fondo dei futuri sacerdoti per la Chiesa universale: Optatam totius [= OT]; CIC cann. 232-264; Congregatio Pro Instituzione Catholica, Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis Tria iam lustra, editio apparata post Codicem iuris canonici promulgatum, 19 marzo 1985 [= Ratio]19; oltre a quest'ultima, in ogni singola nazione dovrà esserci, in base al can. 242 § 1, una Ratio di formazione sacerdotale emanata dalla Conferenza episcopale20; Ioannes Paulus II, Adhortatio apostolica postsynodalis Pastores dabo vobis de Sacerdotum formatione in aetatis nostrae rerum condicione, 25 marzo 1992.

    Dai succitati documenti emerge una chiara descrizione di ciò che devono essere i seminari: "Si identificano pertanto in relazione alla loro funzione - la formazione del clero - e possono quindi avere strutture interne e regole organizzative anche molto varie, purché sia fatta salva la loro finalità e la loro dipendenza dalla autorità ecclesiastica"21.

    Detta autorità è prima di tutto quella del vescovo diocesano, nel caso del seminario diocesano; dei vescovi interessati e della Conferenza episcopale nel caso dei seminari interdiocesani o nazionali. A riguardo sembra utile notare che mentre nel passato il seminario diocesano costituiva il prototipo, oggi, causa la diminuzione delle vocazioni, questo sembra essere costituito dal seminario interdiocesano22.

    Vista la dimensione missionaria di questi seminari, ci sembra utile richiamare anche qui i documenti principali che costituiscono punto di riferimento certo in materia. Essi sono: Pius XII, Litterae Encyclicae Fidei donum de catholicorum missionum condicionibus praesertim in Africa, 21 aprile 1957; Lumen gentium, nn. 23.28; Christus Dominus, nn. 6.28; Ad Gentes, nn. 5.20.38-39; Presbyterorum ordinis [= PO] nn. 5.7; 10; Paulus VI, Motu Proprio Ecclesiae Sanctae, 6 agosto 1966; Sacra Congregatio pro Gentium Evangelizatione seu de Propaganda Fide, Instructio Quo aptius de ordinanda cooperatione missionali Episcoporum quoad Pontificalia Opera Missionalia necnon circa incepta particularia dioecesium pro Missionibus, 24 febbraio 1969; Sacra Congregatio pro Clericis, Notae directivae Postquam Apostoli de mutua ecclesiarum particularium cooperatione promovenda ac praesertim de aptiore cleri distributione, 25 marzo 1980 [= Postquam Apostoli]; CIC cann. 271; 273-275 § 1; 369; 384; 835 § 2.

    L’enciclica di Pio XII Fidei donum ha senza dubbio costituito l'inizio di un nuovo modo di intendere la dimensione missionaria della Chiesa e di conseguenza il non facile problema della distribuzione del clero. In particolare con essa abbiamo il superamento della dimensione territoriale del servizio sacerdotale, propria dell'ecclesiologia del tempo e recepita nel Codice del 191723; la promozione, da parte della Santa Sede, della collaborazione tra le diverse Chiese particolari; il riconoscimento dell'utilità del servizio ad tempus dei sacerdoti, invece fino ad allora osteggiato, in favore delle missioni o tra i non credenti24.

    Ancora più importante, a nostro avviso, risulta essere però il nuovo modo con cui Pio XII concepisce la cosiddetta plantatio Ecclesiae. Questa non è vista più come la conclusione dell'impegno missionario, visto essenzialmente come instaurazione delle strutture organizzative principali, in modo particolare gerarchia e clero, ma come opera di evangelizzazione per creare solide comunità cristiane25. Per questa opera tutti i vescovi devono sentirsi interpellati in prima persona.

    Tutti i documenti succitati riprendono e ampliano quanto affermato da Pio XII. Ciò che il Papa aveva detto in particolare per le missioni che sono in Africa è ritenuto valido per tutte quelle Chiese particolari che vivono situazioni di reale fragilità. Ciò è recepito nel vigente Codice che chiaramente sottolinea il carattere universale del ministero presbiterale26.

    Statuto giuridico proprio dei seminari "Redemptoris Mater"

    Il 14 febbraio 1988, il cardinale Ugo Poletti firmava il decreto di erezione del "Collegio diocesano di formazione al presbiterato per la nuova evangelizzazione" sotto il patrocinio della beata Vergine "Redemptoris Mater"27. L'avvenimento venne positivamente registrato dalle stesse pagine del quotidiano vaticano28.

    La decisione, come è espressamente detto nella prima parte del decreto, da parte della Chiesa che è in Roma di dare vita a questo particolare tipo di seminario, è scaturita come risposta concreta all'appello del Romano Pontefice, rivolto alle conferenze episcopali nazionali d'Europa, per una nuova evangelizzazione dei paesi europei di antica cristianità e dall'offerta di disponibilità per la creazione di un centro di formazione al presbiterato con questa finalità da parte del Cammino Neocatecumenale.

    Infine, nel medesimo decreto, viene stabilito che il seminario sarà retto a norma di uno Statuto e di una Regola di vita validi ad experimentum per tre anni29. In seguito, in data l° ottobre 1990, quindi prima della scadenza naturale del periodo di prova, il cardinale Poletti, con un secondo decreto, confermava in via definitiva lo Statuto e la Regola di vita del collegio "Redemptoris Mater" di Roma30.

    Dalla breve storia tracciata riguardo alla nascita di questi seminari, emerge chiaramente che la causa prossima è individuabile nella difficoltà di provvedere adeguatamente con la presenza del sacerdote all'opera di evangelizzazione portata avanti dai Catechisti e dalle Famiglie del Cammino. Ma la riflessione sulla problematica ha avuto come conseguenza quella di andare al di là del problema immediato, ponendosi in sintonia con i bisogni della Chiesa e delle direttive del magistero pontificio e conciliare.

    In questo ampliamento di prospettiva, che ha portato ad affrontare il problema scottante della distribuzione del clero nel mondo, sono stati colti come testi-guida per la Costituzione di questo nuovo tipo di seminario: PO 10; OT 20; Postquam Apostoli; vari interventi di Giovanni Paolo II, tra i quali: Discorso ai Vescovi rappresentanti delle Conferenze Episcopali d'Europa, 11 ottobre 198531; Lettera ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa, 2 gennaio 198632. In questi autorevoli interventi si toccano i problemi che nascono per l'annuncio della Buona Novella per la scarsità di clero e il richiamo a una maggiore sensibilità a quelle Chiese locali che invece non hanno tali questioni da risolvere. In ogni modo in nessuno di questi testi, per la verità, si delinea la figura di uno specifico seminario diocesano a carattere missionario. Infatti, i testi conciliari e le norme direttive Postquam Apostoli evidenziano l'opportunità di distribuire in modo migliore il clero o della creazione di seminari internazionali, quindi con sacerdoti provenienti da diverse diocesi, e dell'importanza della dimensione missionaria per la formazione dei futuri sacerdoti. I discorsi del Papa richiamano solo la necessità di una nuova evangelizzazione, ma non fanno nessun riferimento specifico riguardo ai mezzi con i quali realizzarla. Quindi l'idea di un seminario diocesano dove si preparano i futuri sacerdoti per la missione, che tuttavia rimangono incardinati nella diocesi a quo, risulta essere una vera e propria novità.

    Si cercherà ora di vedere più da vicino le caratteristiche qualificanti dal punto di vista canonico33 che emergono direttamente dallo Statuto e dalla Regola di vita, ma anche da altri documenti del magistero o dei dicasteri romani. Prenderemo in esame esclusivamente lo Statuto e la Regola di vita del collegio diocesano "Redemptoris Mater" di Roma per il semplice motivo che tutti i successivi seminari eretti li hanno praticamente, tranne che per necessari adattamenti, assunti in toto.

     

    Statuto

    Si deve dire subito che in senso proprio e generale per statuto34 il Codice vigente, al can. 94 § 1, intende quegli "ordinamenti che vengono composti a norma del diritto negli insiemi sia di persone sia di cose, e per mezzo dei quali sono definiti il fine dei medesimi, la loro costituzione, il governo e i modi di agire".

    Per quanto riguarda i seminari, il Codice prevede l'esistenza di uno statuto sia per i seminari diocesani (can. 239 § 3) sia per quelli interdiocesani (can. 237 § 2).

    Generalmente è prassi che solo per i seminari interdiocesani si abbia uno statuto che, oltre a disciplinare i rapporti interni al seminario, stabilisca i doveri-diritti delle diocesi che hanno dato vita allo stesso. Per questo motivo esso deve essere approvato da tutti i vescovi interessati (can. 237 § 2). Quindi la funzione specifica di uno statuto del seminario è quella di adattare la normativa universale alle concrete esigenze. Nello statuto del Seminario "Redemptoris Mater" emerge inoltre, a nostro avviso, la volontà dell'ordinario del luogo e dei responsabili del Cammino Neocatecumenale di stabilire chiaramente i termini di un rapporto di collaborazione tra entità distinte. Anche questa è una novità. Nella plurisecolare storia dei seminari, molti vescovi hanno affidato la formazione dei futuri sacerdoti a ordini religiosi, come domenicani e gesuiti, che componevano la comunità educativa e accademica. Ma questi erano deputati a formare giovani che venivano dalla diocesi e tornavano nella diocesi. Nel caso del seminario "Redemptoris Mater" i giovani provengono dalle Comunità Neocatecumenali, sono formati al sacerdozio nello spirito del Cammino e andranno un domani a servire Chiese locali dove ci sono soprattutto Comunità Neocatecumenali, pur rimanendo incardinati alla diocesi di provenienza.

    Alla luce del decreto di erezione e del n. 1 dello Statuto, notiamo subito che il collegio si denomina come un vero e proprio seminario diocesano, e quindi è sotto la diretta giurisdizione dell'ordinario del luogo35. Suo scopo principale è quello di "formare giovani e adulti al Presbiterato per la nuova evangelizzazione dell'Europa"36, ma anche degli altri continenti dove si rendesse necessario, però sempre come presbitero diocesano, secondo quanto disposto dalle norme direttive Postquam Apostoli37. In questa missione evangelizzatrice i presbiteri saranno aiutati dalle famiglie del Cammino Neocatecumenale38. In tutto ciò rimane chiaro che giuridicamente, a livello di diritto universale, il collegio è disciplinato dalle norme sui seminari diocesani. Interessante che nello statuto, a proposito dello scopo, si specifica il modo in cui si attuerà questa evangelizzazione: con la collaborazione delle Famiglie in missione.

    Lo Statuto ricorda i documenti principali del Magistero sulla formazione dei futuri sacerdoti in base ai quali è strutturata la preparazione dei seminaristi (n. 4); essi sono: OT; la Ratio; il documento normativo Formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana [= FPC] della Conferenza Episcopale Italiana39. "Per quanto non previsto nel presente Statuto si fa espresso rinvio alle norme canoniche - in particolare, ai canoni 232-264 - e civili in materia di Enti ecclesiastici"40.

    "Il "Collegio diocesano Redemptoris Mater" è una comunità educativa, cioè insieme di persone non collegiale (can. 115 § 2)"41 e, a tenore del can. 116 § 1, a carattere pubblico. Francamente sia dal punto di vista di tecnica giuridica, cioè di collocazione a questo punto dello statuto, sia per il contenuto stesso, detta affermazione risulta pleonastica. Infatti, a norma del can. 238 § 1, ogni seminario legittimamente eretto gode di personalità giuridica ex ipso iuris praescripto, non richiedendosi nessun ulteriore provvedimento da parte dell'autorità competente ecclesiastica. Normalmente tale personalità giuridica viene esercitata tramite il rappresentante, che nella fattispecie è sempre il rettore42.

    Sempre nel medesimo n. 2 viene evidenziato il fine specifico di questo seminario: "Formare giovani e adulti al Presbiterato per la nuova evangelizzazione dell'Europa". Subito dopo viene detto, come abbiamo già sopra notato, che in tale opera di evangelizzazione i presbiteri saranno coadiuvati dalle famiglie del Cammino Neocatecumenale. Quest'ultimo aspetto ci sembra non riguardare la vita del seminario in quanto tale, ma piuttosto gli sviluppi prossimi dell'apostolato dei futuri sacerdoti.

    Oltre ai consueti riferimenti al modo di intendere gli studi filosofici-teologici e alla gestione amministrativa-economica, emergono gli elementi specificanti di questo tipo di seminario rispetto agli altri. Si elencano di seguito, con qualche annotazione, per poi dare una valutazione d'insieme.

    "L'iter di formazione include la partecipazione diretta e personale al Cammino Neocatecumenale"43. Una tale clausola viene giustificata in quanto l'opera di ri-evangelizzazione, scopo precipuo del seminario, sarà portata avanti secondo l'iter del Cammino. Ora una tale disposizione si pone in contrapposizione con quanto stabilito precedentemente nello stesso statuto al n. 344, che elenca le condizioni di ammissione al seminario, sia, ancora di più, con le norme della Conferenza Episcopale Italiana45, alle quali, come abbiamo sopra segnalato, lo statuto dice di rifarsi. Di fatto in questa ottica il seminario è solo nominalmente diocesano!

    Tra gli organi del Collegio sono elencati il rettore, il consiglio pastorale e il consiglio di amministrazione46. Immediatamente dopo viene stabilito che il Cardinale Vicario nomina il rettore, il padre spirituale e il vicerettore "scelti tra le persone che abbiano esperienza personale del Cammino Neocatecumenale"47, nonché i membri del consiglio pastorale e del consiglio di amministrazione.

    Anomalo risulta questo modo di procedere: si proclama prima la giurisdizione diretta del vescovo e poi lo stesso si vincola nella scelta di coloro che sono di fatto chiamati a gestire come suoi rappresentanti il seminario48. Il can. 259 § 1 demanda al vescovo diocesano tutte le decisioni riguardanti la direzione e amministrazione del seminario, quindi anche la nomina dei superiori e dello staff formativo49. I criteri da adottare, che la Ratio indica riguardo alla loro scelta, sono molto chiari e le qualità che si richiedono per tali persone sono alquanto esigenti e difficilmente, crediamo, reperibili in un gruppo ristretto di persone50.

    E ora l'aspetto più problematico a livello canonico di questo tipo di seminario: il consiglio pastorale. In termini statutari esso "coadiuva il Rettore nell'orientamento del Collegio e nella formazione spirituale e pedagogica dei candidati [...]; fanno parte del Consiglio Pastorale i tre iniziatori del Cammino Neocatecumenale o i loro successori pro tempore, secondo l'ordinamento del Cammino stesso"51, Prima di tutto non è chiaro se oltre al rettore, che lo presiede52, e agli "iniziatori del Cammino e i loro successori", altri facciano parte di questo consiglio. Inoltre, nello stesso articolo si fa menzione di un "ordinamento del Cammino stesso", che a tutt'oggi non esiste53.

    Notiamo subito che la normativa vigente non contempla nessuna figura simile. I cann. 239 §§ 1-2 e 260, attribuiscono la direzione del seminario al rettore, anche se il can. 239 § 3 apre la possibilità a una condivisione con gli altri superiori di questo oneroso incarico. La Ratio elenca, oltre al rettore, tra coloro che condividono la direzione del seminario, il vicerettore, il direttore o direttori spirituali, il prefetto degli studi, il responsabile delle esercitazioni pastorali, il prefetto di disciplina, l'economo, il bibliotecario. Con questi, e non con altri, si prevede la possibilità di un incontro mensile per affrontare i vari problemi del seminario54. Tutto questo è ulteriormente specificato dalle norme della Conferenza Episcopale Italiana55.

     

    Regola di vita

    Il can. 243 stabilisce che ogni seminario abbia un proprio regolamento approvato dal vescovo, dove "si adattino le norme della Ratio di formazione sacerdotale alle situazioni particolari" e "si determinino in modo più preciso soprattutto le questioni disciplinari che riguardano la vita quotidiana degli alunni e il buon ordine di tutto il seminario".

    La Ratio, a cui si fa riferimento nel citato canone, è quella che deve essere emanata da ogni conferenza episcopale per la propria nazione (can. 242), che a sua volta determina quanto disposto a riguardo a livello di Chiesa universale, in modo particolare quanto disposto nella Ratio. Di fatto, sia la Ratio ai nn. 25-26 che la FPC al n. 96 prescrivono la presenza di un regolamento che precisi gli aspetti disciplinari riguardanti la vita quotidiana dei seminaristi come pure l'ordinamento generale di tutto il seminario. Detto regolamento è concepito come strumento indispensabile affinché si possa portare avanti una vita comunitaria ordinata allo sviluppo e all'affermazione della personalità degli alunni. Quindi non un mezzo coercitivo subito passivamente, ma uno strumento che deve essere usato da formatori e formandi al fine di acquistare una sempre maggiore maturità nel guidarsi da soli56.

    La Regola di vita del seminario "Redemptoris Mater" è divisa in cinque parti. Nella prima, Formazione in vista della missione, vengono richiamate le caratteristiche generali di questo seminario, cioè che si tratta di un seminario diocesano che prepara i futuri sacerdoti a servire la Chiesa fuori dalla propria diocesi57, sviluppando quello spirito missionario presente "massimamente in quei giovani e in adulti provenienti da comunità di credenti che attraverso un itinerario neocatecumenale hanno riscoperto la ricchezza del loro battesimo"58. Inoltre, si stabilisce che i seminaristi sono "coadiuvati come testimonianza e sprone, da concreti nuclei di famiglie"59. Cioè viene sottolineato come in questa opera di ri-evangelizzazione portata avanti dal Cammino, il futuro presbitero non sarà un "isolato", ma di una piccola comunità che in quanto tale porterà avanti la missione60. Alcune di queste famiglie sono incaricate direttamente dell'andamento del seminario, mentre le altre formano quelle Comunità dove i seminaristi sono inviati per continuare le varie tappe del Cammino61.

    Nella seconda parte, Vita nella fede, al n. 7 si dice che "il "Collegio Redemptoris Mater" deve quindi preparare una nuova figura di Presbitero diocesano". L’affermazione, per fugare ogni tipo di equivoco, crediamo che debba essere letta alla luce di quanto affermato da Giovanni Paolo II nella Pastores dabo vobis, dove con forza viene ribadito che da un lato c’è una fisionomia essenziale del sacerdote che non muta e dall'altro l'esigenza che il ministero sacerdotale si adatti a ogni epoca e a ogni ambiente di vita (n. 5).

    Dopo aver richiamato che Colui che dà senso all'essere in seminario è solo Cristo, si danno disposizioni più specifiche riguardo alla vita spirituale del seminario, stabilendo tempi e modi delle celebrazioni, della meditazione, dell'accostarsi al sacramento della penitenza62 e delle altre pratiche di pietà63. Di indubbia utilità risulta l'impegno di portare avanti, nei periodi di vacanza scolastica, "un'esperienza di itineranza evangelizzante"64.

    Al n. 10 si stabilisce che "ogni candidato è aiutato dai superiori e dalla comunità formativa ad essere l'uomo della Parola di Dio". Che cosa bisogna intendere per comunità formativa e chi ne faccia parte non è detto.

    Nella terza parte, Impegno nello studio, oltre ai richiami generali alla serietà con cui devono essere condotti gli studi65, si stabilisce di tenere presente nella formazione intellettuale "le caratteristiche dei Paesi dove potranno essere inviati" i futuri sacerdoti66. Ovviamente questo a livello generale, in quanto non è stabilito negli anni di formazione se e dove andrà un seminarista.

    Qualche problema solleva quanto detto nella quarta parte, Formazione ai Ministeri e all'azione pastorale, soprattutto il n. 21 dove prima si afferma che la formazione del futuro sacerdote "non dovrà essere avulsa dai cammini e dalle esperienze delle comunità cristiane, alle quali sono destinati" e successivamente si stabilisce che "l'iter di formazione includerà la partecipazione diretta e personale al Cammino Neocatecumenale". Quali sono queste Comunità? Quelle Neocatecumenali o le varie Comunità che compongono le Chiese particolari? Dal contesto e dalla prassi sembra che siano soprattutto le Comunità Neocatecumenali. Come abbiamo già notato ciò contraddice espressamente quanto contemplato in FPC 85, che giustamente, come abbiamo visto, sottolinea la figura del sacerdote come "l'uomo di tutta la comunità".

    La quinta e ultima parte, Il servizio dei responsabili, prende in esame i vari ruoli che i forinatori sono chiamati a svolgere nel seminario. Primo fra tutti si parla, ovviamente, del rettore, "con il quale collabora il Consiglio Pastorale, che ha i compiti di cui al n. 12 dello Statuto"67. A riguardo rinnoviamo le nostre riserve sopra riportate. Inoltre si parla del padre spirituale, del vicerettore e dell'economo elencando i rispettivi compiti.

    Per quanto riguarda la Regola di vita si poteva sicuramente essere meno generali, determinando in modo più puntuale alcuni aspetti, soprattutto riguardo al ruolo di ciascun membro dello staff formativo.

     

    Valutazioni conclusive

    Da quanto fin qui detto, senza dubbio a grandi linee e senza pretesa di aver esaurito l'argomento, che del resto fino a oggi non è stato trattato da nessuno, si può schematicamente concludere con alcune valutazioni.

    Si può dare un giudizio nell’insieme positivo di questo tipo di seminario che raccoglie e valorizza gli entusiasmi di tanti giovani e adulti che dall'incontro con Cristo hanno accolto la sua chiamata a mettersi a disposizione come ministri del Vangelo a tempo pieno.

    Si possono esprimere alcune forti riserve sul modo con cui si è arrivati alla Costituzione di questi seminari e al modo di condurli. Infatti a nessuno sfugge che, pur facendo riferimento ai numerosi interventi del magistero sull'universalità del ministero sacerdotale e di una migliore distribuzione del clero, il reale motivo che ha portato all'erezione di questi seminari è stata la necessità di fornire di presbiteri le varie Comunità Neocatecumenali. Nell'impossibilità al presente che il Cammino potesse incardinare dei sacerdoti si è ricorsi a quei vescovi che benevolmente si sono resi disponibili ad accettarli in un seminario diocesano loro affidato. Questo, come abbiamo visto, in contraddizione con quanto affermato dal can. 242 § 2 e dalla FPC 85, e soprattutto con la Ratio, n. 1: "Il diritto e il dovere di redigere il Piano di formazione sacerdotale e di approvare particolari esperienze nella propria nazione o regione, nel caso si ravvisi l'opportunità, spetta non ai singoli vescovi, ma alle conferenze episcopali". Nulla di tutto questo è avvenuto per esempio in Italia.

    Inoltre, non poche perplessità suscita la figura del Consiglio Pastorale all'interno dello stesso seminario, visto il ruolo, riconosciuto a livello di diritto universale, del vescovo e del rettore.

    Quindi, concludendo, sembra che ancora una volta non si sia pienamente valorizzata la dimensione giuridica nella Chiesa. Se si accetta la validità di una nuova istituzione, non si può pensare di regolarla con norme che non la prevedevano. Il risultato sarà sempre qualcosa di ibrido e soprattutto alimenterà una concezione del diritto come incapace di rispondere alle novità dello Spirito con conseguente svilimento dell'autorità. Se ci sono delle norme, che sono state date per il bene della comunità, queste vanno osservate e non opportunisticamente "glissate". Eventualmente andranno cambiate o ne andranno create delle nuove, conformemente alle nuove necessità. Il nostro augurio è che in un non lontano futuro il Cammino Neocatecumenale abbia uno suo statuto che preveda, tra l'altro, l'incardinazione dei propri sacerdoti. Sappiamo che ciò non è previsto attualmente dal Codice di diritto canonico, ma è stato recepito nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (cf cann. 357 § 1; 579), cosa che ci fa ben sperare per il futuro.

     

    BRUNO ESPOSITO

    Largo Angelicum, 1

    00184 Roma

     

     

    Appendice I

    UGO

    del Titolo dei Santi Ambrogio e Carlo

    della Santa Romana Chiesa CARDINALE POLETTI

    Vicario Generale di Sua Santità

    Giudice Ordinario della Romana Curia e suo Distretto ecc.

     

    DECRETO

     

    Visto il decreto n. 218 del 14.2.1988, col quale ho eretto il Collegio diocesano "Redemptoris Mater";

    considerato che lo Statuto e la Regola di vita, allegati a detto Decreto, sono stati sufficientemente sperimentati e che, in base ad essi, al "Redemptoris Mater" è stata conferita anche la personalità giuridica civile con Decreto del Presidente della Repubblica in data 13.3.1990; col presente Decreto confermo, in via definitiva, lo Statuto e la Regola di vita, allegati al citato mio Decreto n. 218 del 14.2.1988.

    Roma, 1° ottobre 1990

    Prot. n. 913/90

    f.to Ugo Card. Poletti

    Vic. Gen.

    f.to Sac. Filippo Tucci

    Canc.

     

     

     

    Appendice II

     

    STATUTO

    DEL "COLLEGIO DIOCESANO

    REDEMPTORIS MATER"

    DI FORMAZIONE AL PRESBITERATO

    PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

     

    1. Il "Collegio diocesano Redemptoris Mater" di formazione al Presbiterato per la nuova evangelizzazione dei paesi dell'Europa è costituito dall'Em.mo Cardinale Vicario Ugo Poletti per la Diocesi di Roma, ottemperando al desiderio del Santo Padre Giovanni Paolo II, espresso nel Discorso ai Vescovi rappresentanti delle Conferenze Episcopali d'Europa, l'11 ottobre 19851, e ha sede in Roma, via Tenuta della Maglianella n. 88.

    In caso di necessità delle Chiese particolari in altri continenti, i Presbiteri del Collegio potranno essere colà inviati a giudizio del Card. Vicario.

    2. Il "Collegio diocesano Redemptoris Mater" è una comunità educativa, cioè insieme di persone non collegiale (can. 115, par. 2). Ha lo scopo di formare giovani e adulti al Presbiterato per la nuova evangelizzazione dell'Europa.

    1 Discorso del S. Padre al Simposio dei Vescovi dell’Europa, n. 13, 11 ottobre 1985.

     

     

     

     

     

     

    NOTE

    1 Cf Pontificia Opera per le Vocazioni, Nuove vocazioni per una nuova Europa (In verbo tuo...), Documento finale del Congresso sulle Vocazioni al Sacerdozio e alla Vita Consacrata in Europa, Roma 5-10 maggio 1997, a cura delle Congregazioni: per l’Educazione Cattolica, per le Chiese Orientali, per gli Istituti di Vita Consacrata e per le Società di Vita Apostolica, in Supplemento a "L’Osservatore Romano", 28 gennaio 1998, p.11, n.10.

    2 Per una sintesi storica cf F. Marchisano, L'evoluzione storica della formazione del clero, in "Seminarium" N.S. 13 (1973) 299-322.

     

    3 Un esaustivo elenco dei documenti postconciliari emanati dalla Santa Sede sulla formazione dei futuri presbiteri è contenuto in D. Cito, Annotazioni canonistiche in tema di Seminari maggiori, in "Ius Ecclesiae" 7 (1995) 258, nota 6.

     

    4 Cf Ioannes Paulus II, adhortatio apostolica postsynodalis Pastores dabo vobis de Sacerdotum formatione in aetatis nostrae rerum condicione, 25 marzo 1992, n. 5 (EV 13, n. 1179).

     

    5 Andando indietro negli anni possiamo individuare un qualcosa di simile nell'Obra di Cooperación Sacerdotal Hispano-Americana (OCSHA), nata nel 1949 con la finalità di favorire l'invio di sacerdoti spagnoli nei paesi ispano-americani, ma anche di preparare seminaristi spagnoli che si sentivano chiamati a questa missione. Per mia storia completa di questo organismo si rinvia a A. Garrigos Meseguer, Evangelizadores de America. Historia de la OCSHA, Madrid 1992. Simile iniziativa, in Italia, promossa dalla Santa Sede e sorta a Verona, grazie alla disponibilità del suo vescovo, monsignor Giuseppe Carraro, per iniziativa della commissione Episcopale ltaliana per l'America latina, sorse nel 1962, anno in cui fu istituto il "Seminario di Nostra Signora di Guadalupe", ufficialmente inaugurato il giorno 8 novembre 1964. Finalità: aiutare le chiese dell'America latina attraverso la preparazione di sacerdoti, provenienti (la diverse diocesi italiane, disposti a vivere l'esperienza della missione come aiuto alle chiese sorelle (cf Paolo VI, Per la solenne inaugurazione in Verona del Seminario italiano "pro America Latina", Radiomessaggio, in "L'Osservatore Romano", 9-10 novembre 1964, p. 1). Tale istituzione rappresentava una concreta risposta della chiesa che è in Italia all'appello rivolto dal Papa Pio XII con l'enciclica Fidei donum, del 21 aprile 1957 (cf AAS 49 [1957] 225-248). Caratteristica comune di queste iniziative fu quella della interdiocesaneità a livello nazionale. I seminaristi venivano inviati dal proprio vescovo in questo seminario per la formazione, rimanendo sempre legati, e successivamente incardinati, alla propria diocesi di provenienza.

     

    6 A tutto il 1997, i collegi diocesani "Redemptoris Mater" canonicamente eretti in varie diocesi del mondo erano 25. Si dà di seguito l'elenco trasmesso gentilmente da don Ezechiele Pasotti, Prefetto degli Studi del "Redemptoris Mater" di Roma, riportando tra parentesi l'anno di erezione Roma - Italia (1988); Callao - Perù (1989); Medellin - Colombia (1990); Varsavia - Polonia (1990); Newark - USA (1990); Takamatsu - Giappone (1990); Brasilia - Brasile (1990); Bangalore - India (1991); S. Domingo - Repubblica Dominicana (1991); Madrid - Spagna (1991); Pola - Croazia (1991); Macerata - Italia (1992); Berlino - Germania (1993); Lugano - Svizzera (1993); Perth - Australia (1994); Guadalajara - Messico (1994); Strasburgo - Francia (1994); Kaohsiung - Taiwan (1995); San Salvador - El Salvador (1995); Vienna - Austria (1995); Denver USA (1996); Haarlem - Olanda (1996); Manila - Filippine (1996); Douala - Camerun (1997); Managua - Nicaragua (1997). A questi vanno aggiunti un'altra decina di seminari che hanno iniziato la loro attivita in diverse diocesi del mondo in questi ultimi anni e che per diversi motivi, ancora non sono stati canonicamente eretti. Nell'anno 1997-1998 il numero complessivo dei seminaristi è stato di 1173 e in questi anni sono stati ordinati 334 sacerdoti. Nel "Redemptoris Mater" di Roma sono stati ordinati 145 sacerdoti, dei quali 70 sono attualmente in missione, gli altri svolgono il loro ministero nella diocesi di Roma o in qualche dicastero della curia Romana.

     

    7 Per questo primo punto faremo essenzialmente riferimento a K. Argüello - C. Hernandez, Il Cammino Neocatecumenale: breve sintesi, in Aa.Vv., Il Cammino Neocatecumenale secondo Paolo VI e Giovanni Paolo II, a cura di E. Pasotti, Cinisello Balsamo 1993, pp. 117-125. Per un approfondimento si rinvia a K. Argüello, Le comunità neocatecumenali, in "Rivista di vita spirituale" 29 (1975) 191-200; Id., Il Neocatecumenato. Un'esperienza di evangelizzazione in atto. Sintesi delle sue linee di fondo, ibid. 31 (1977) 84-102; G. Zevini, Il cammino neocatecumenale. Itinerario di maturazione nella fede, in Aa.Vv., Movimenti ecclesiali contemporanei. Dimensioni storiche teologiche-spiriluali ed apostoliche, a cura di A. Favale, Roma 1982, pp. 231-267; R. Blasquez, Le comunità neocatecumenali. Discernimento teologico, Cinisello Balsamo 1987; B. Secondin, I nuovi protagonisti. Movimenti, associazioni, gruppi nella Chiesa, Cinisello Balsamo 1991, pp. 86-89.

     

    8 K. Argüello - C. Hernandez, Il Cammino ..., cit., p.118.

     

    9 Cf Un Cammino per riscoprire il Battesimo, intervista a Kiko in "30 Giorni", 11 novembre 1997. p. 40.

     

    10 "Essa ci appare il luogo adeguato per far apparire la Chiesa locale come "Sacramento di salvezza", senza creare una Chiesa parallela, senza distruggere nulla, assumendo poco a poco la realtà della Chiesa di oggi e il tempo di transizione che vive" (K. Argüello - C. Hernandez, Il Cammino ..., cit., p.121).

     

    11 Ibid., p. 122.

     

    12 Ibid., p. 123.

     

    13 L. cit.

    14 Gli iniziatori del Cammino hanno sempre rifiutato la denominazione di "movimento". Bene sintetizzava questa convinzione mons. Giulio Salimei, per molti anni vescovo ausiliare di Roma e primo rettore del seminario "Redemptoris Mater" della medesima diocesi: "la differenza di un catecumenato dai modelli associativi etc., è radicale: questi sono modi particolari di fare pastorale, quello è un "momento" di una "fase iniziale" che, di per sé, sarebbe a monte di qualsiasi espressione pastorale, in quanto iniziazione a vivere nella Chiesa la fede battesimale" (G. Salimei, Dossier sul "Redemptoris Mater". Premessa, pro manuscripto, Roma 1996, p. 2). E ancora: "Il Cammino Neocatecumenale non è un movimento o un'associazione, ma uno strumento nelle parrocchie al servizio dei vescovi per riportare alla fede tanta gente che l’ha abbandonata" (I Movimenti e le Nuove Comunità presenti all'incontro con il Papa: Cammino Neocatecumenale, in L'incontro del Santo Padre con i Movimenti Ecclesiali e le Nuove Comunità, Supplemento a "L’Osservatore Romano", venerdì 29 maggio 1998, p. 9).

     

    15 A questo primo invio ne hanno fatto seguito molti altri, in tutti i continenti e in modo particolare nel Sud America e anche nell'America del Nord. A oggi le famiglie in missione nelle diverse parti del mondo sono più di quattrocento. Per famiglia in missione si intende una famiglia che nel suo insieme decide di partire per una determinata terra, su richiesta del vescovo, rendendosi disponibile all'evangelizzazione prima di tutto attraverso la testimonianza cristiana nella vita familiare. Per fare questo gli interessati, liberamente, decidono di lasciare tutto, casa, lavoro, sicurezze, affetti, per mettersi a disposizione dell'annuncio di salvezza di cui hanno in prima persona sperimentato l'enorme novità. È indubbiamente scioccante incontrare, come è successo al sottoscritto durante un soggiorno in Olanda dove teneva il corso di diritto canonico presso il Seminario "Redemptoris Mater" di Niewe Niedorp, un medico che pulisce i vetri o un professore universitario, con undici figli, che si è messo a commerciare in vini, oppure un ex dirigente della Banca d'Italia che fa l'economo per il seminario!

     

    16 Un Cammino per riscoprire il Battesimo, cit., p. 42.

     

    17 L. cit.

     

    18 Per gli altri cf. D. Cito, Annotazioni canonistiche..., cit.

     

    19 EV S1, nn. 918-1072.

     

    20 Questa Ratio, in forza del can. 242 § 2, dovrà essere osservata in tutti i seminari della nazione, sia diocesani sia interdiocesani.

     

    21 A.M. Punzi Nicolo, Seminari: I) Diritto Canonico, in Enciclopedia giuridica, XXVIII, Roma 1992, p.1.

     

    22 Cf ibid., p. 3.

     

    23 Cf cann. 111-117 sull’ascrizione dei chierici a una diocesi e inoltre i canoni che limitavano territorialmente l'esercizio del ministero sacerdotale. A riguardo si veda J. Garcia Martin, La Enciclica Fidei donum" de Pio XII y la dimensión universal del servicio del presbitero secular, in "Commentarium pro religiosis et missionariis" 79 (1998) 37-42.

     

    24 Cf ibid., p. 36.

     

    25 K. Cf R. Rweyemanu, Il XXV anniversario dell'Enciclica "Fidei donum". Il contesto storico della Chiesa in Africa, in "Euntes docete" 35 (1982) 453.

     

    26 "La nueva legislación contiene disposiciones adecundas para permitir el servicio ministerial de los presbiteros seculares en favor de todas las Iglesias tanto per lo que se refiere al traslado de diócesis como al ejercicio del ministerio. En definitiva, son normas que dan a los presbíteros seculares la posibilidad de cumplir su vocatión misionera temporal y resolver el problema de la distribución del clero" (J. Garcia Martin, La Enciclica..., cit., p.71). Si veda inoltre J. Saraiva Martins, La formazione missionaria dei sacerdoti alla luce della "Pastore dabo vobis", in "Seminarium" N.S. 32 (1992) 575-599.

     

    27 Cf Decreto di erezione del Collegio Diocesano di formazione al presbiterato per la nuova evangelizzazione "Redemptoris Mater", in Rivista diocesana di Roma" 29 (1988) 909.

     

    28 L'apertura del nuovo Collegio è un fatto di grande rilevanza per diversi aspetti: prima di tutto esso indica un rifiorire inaspettato di vocazioni all'interno della Chiesa Cattolica. Inoltre segna la rinascita di un istituto, quello dei seminari diocesani per la formazione di presbiteri missionari, che fino agli anni '50 era abbastanza comune a molte diocesi" (G. Gennarini, Nuovi missionari si preparano ad annunciare il Vangelo al mondo, in L'Osservatore Romano", 28 aprile 1988, p. 6).

     

    29 Contrariamente a quanto stabilito nel decreto, sia lo Statuto che la Regola di vita non risultano pubblicati nel Bollettino diocesano. Per questo motivo, essendo difficile reperirli e allo stesso tempo risultando utili averli presenti per il nostro studio, come già detto, sono pubblicati nelle appendici II e III.

     

    30 Anche questo documento, mai pubblicato, è riportato per esteso nell'appendice I.

     

    31 Cf AAS 78 (1986) 178-189. In questo discorso il Sommo Pontefice, a conclusione del VI Simposio del Consiglio delle conferenze Episcopali d'Europa sul tema "Secolarizzazione ed evangelizzazione oggi in Europa", ribadiva l'importanza di rilanciare l'affiato missionario nelle comunità cristiane e dell'importanza per l'evangelizzazione del ruolo dei laici: "Senza l'opera e la testimonianza del laicato il vangelo non potrebbe permeare l'intera vita umana ed essere portato a tutta intera la vita della società. Alcune iniziative come le Scuole di Teologia per laici e il crescente numero di laici impegnati nella catechesi lasciano sperare che - al pari della primissima evangelizzazione - anche la nuova età di evangelizzazione potrà contare su laici autenticamente missionari" (ibid., p. 188).

     

    32 Cf AAS 78 (1986) 454-457. Nella lettera è contenuto un pressante invito del Papa a tutte le conferenze episcopali d'Europa a collaborare e a rendersi disponibili "a meglio coordinare, indagini, progetti, iniziative concrete, in vista di un'azione evangelizzatrice più armonica ed incisiva" (ibid., p. 457) del vecchio continente.

     

    33 Per altri aspetti rimandiamo a R. Blazquez, Il "Cammino Neocatecumenale" e la formazione al presbiterato nel Seminario "Redemptoris Mater" di Roma, in "Communio" n. 112 (1990) 82-101.

     

    34 Per uno studio analitico sugli statuti e i regolamenti si veda P.G. Marguzzi, Statuti e Regolamenti, in "Apollinaris 60 (1987) 527-543.

     

    35 Cf Statuto, n. 10.

     

    36 Statuto, n. 2.

     

    37 Cf Statuto, n. 3. Nel medesimo numero vengono specificati i requisiti che debbono possedere i candidati. Nella prassi, specialmente nei primi anni, l'assegnazione a uno dei vari collegi "Redemptoris Mater" dei giovani o adulti che avevano espresso il desiderio di consacrare la loro vita, veniva fatta per sorteggio all'inizio di ogni anno sociale.

     

    38 L. cit.

     

    39 Conferenza Episcopale Italiana, Documento normativo La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana - Orientamenti e norme, 15 maggio 1980 (ECEI 3, nn. 199-413). Successivamente all’entrata in vigore del CIC, la CEI ha emanato la seguente delibera: ""Ratio" per la formazione sacerdotale - In osservanza del can. 242, § 1 del codice di Diritto canonico e salvo quanto disposto dal can. 1032, § 1, per l'Italia abbia vigore il documento per la formazione dei candidati al sacerdozio nei seminari maggiori: La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana (CEI, 15 maggio 1980) con il complementare documento: Regolamento degli studi teologici dei seminari maggiori d'Italia (CEI, 10 giugno 1984)" (Conferenza Episcopale Italiana, Delibera n. 33, 18 aprile 1985, in "Notiziario della conferenza Episcopale Italiana" (1985) 47). Sarebbe stato meglio citare nello Statuto questa ultima edizione, completata dal Regolamento del 1984.

     

    40 Statuto, n. 17.

     

    41 Statuto, n. 2. Sulla questione se il seminario sia da considerarsi tra le universitates personarum o tra le universitates rerum si veda D. Cito, Annotazioni canonistiche..., cit., pp. 267-268.

     

    42 Cf can. 238 § 2; Statuto, n. 11.

     

    43 Statuto, n. 6.

     

    44 A riguardo di questo articolo e confrontandolo con il can. 241 § 1, sarebbe stato più opportuno dire "il vescovo ammette al Collegio" e non "il Collegio accoglie".

     

    45 "Si comprende allora come non risulti accettabile un cammino di formazione che si compisse all’interno di comunità o di gruppi particolari o che mantenesse la persona collegata ai metodi e alla guida spirituale del gruppo o del movimento di provenienza. È necessario educare i futuri preti a saper vivere anche senza il sostegno di un gruppo, ad amare coloro che Dio affida, privilegiando i legami oggettivi su quelli suggeriti da affinità soggettive di qualsiasi genere, e a diventare animatori delle diverse esperienze cristiane (di spiritualità, di impegno apostolico, ecc.), senza identificarsi con nessuna di esse. Il presbitero è l'uomo di tutta la comunità e il seminario deve essere accolto e valorizzato nella sua vera funzione, cioè quella di formare in quell'unica prospettiva ecclesiale" (FPC 85).

     

    46 Statuto, n.9.

     

    47 Statuto, n. 10.

     

    48 Cf FPC 102.

     

    49 "il Seminario si configura come uno strumento promosso dal vescovo, primo responsabile dell'iniziazione dei chiamati al presbiterato, in comunione e in collaborazione con i presbiteri e i fedeli" (FPC 85).

     

    50 "i superiori devono essere scelti con la massima cura, dovendosi trattare di uomini animati di spirito sacerdotale e apostolico, capaci di prestare mutua e fraterna collaborazione nel comune impegno d'educazione, alacri e aperti nel percepire le necessità della comunità ecclesiale e civile, dotati di esperienza pastorale nel ministero parrocchiale o in altri ministeri, ed eccellenti conoscitori dell'animo giovanile. Essendo la missione dei superiori del Seminario l'arte delle arti, che non permette un modo di agire improvvisato e casuale, essi, oltre alle doti naturali e soprannaturali, devono necessariamente possedere, secondo il compito di ciascuno, la debita preparazione spirituale, pedagogica e tecnica, da compiersi soprattutto negli istituti specializzati, eretti o da erigersi a tal fine nel proprio o in altri paesi" (Ratio 30).

     

    51 Statuto, n. 12.

     

    52 Cf Statuto, n. 11.

     

    53 Cf discorso di Giovanni Paolo Il durante l'udienza concessa agli aderenti al Cammino Neocatecumenale: Chiamati ad uno speciale impegno missionario in un mondo profondamente secolarizzato, in "L'Osservatore Romano", 25 gennaio 1997, p. 4. La richiesta di uno Statuto ha incontrato non poche difficoltà da parte di molti all'interno del Cammino Neocatecumenale che lo hanno inteso come un voler coartare lo Spirito. Alla base di questa paura c'è l'eterno equivoco di voler opporre carisma e istituzione, Spirito e diritto, dimenticando che l'autorità nella chiesa ha ricevuto il compito di discernere i carismi senza soffocare lo Spirito (cf LG 12) e che la chiesa è per sua natura societas (cf LG 8), con tutto quello che essa implica. In altre parole: alla base del carisma e dell'istituzione c'è l'unico Spirito Santo, ragion per cui è impensabile ogni contrapposizione. Sulla problematica concernente gli statuti dei movimenti ecclesiali in genere si può vedere l’interessante studio di B. Zadra, I Movimenti ecclesiali e i loro Statuti, Roma 1997.

     

    54 "Il rettore, che ha nel governo del Seminario la responsabilità più importante e più pressante, deve essere il coordinatore dei superiori e, salvo sempre scrupolosamente il foro interno, con fraterna carità deve stringere con loro una intima collaborazione, perché la formazione degli alunni venga promossa con impegno solidale. A tal fine può essere molto utile la vita comune dei superiori. Spesso, p.e. una volta al mese, si riuniscano per coordinare la loro comune attività, esaminare i problemi del Seminario e cercare opportune soluzioni (Ratio 29).

     

    55 Cf FPC 102-103.

     

    56 Cf Ratio 29.

     

    57 Regola di vita, n.4.

     

    58 Ibid., n. 5. Su questo aspetto si veda la chiara analisi di G. Ghirlanda, Questioni irrisolte sulle Associazioni di Fedeli, in "Ephemerides Iuris canonici" 49 (1993) 91-96.

     

    59 Regola di vita, n.6.

     

    60 Cf ibid., n. 7.

     

    61 Questo articolo non sembra realizzare quanto disposto dalla CEI: "Per garantire questo spirito comunitario e la serenità nell'educare è opportuno evitare di inserire nella convivenza del seminario persone non coinvolte nella missione di formare i futuri presbiteri. Infatti, pur non volendo mortificare l'atteggiamento di cristiana ospitalità che deve caratterizzare ogni comunità di credenti, appare utile assicurare al seminario le migliori condizioni per il rapporto formativo" (FPC 101).

     

    62 A riguardo vengono citati i nn. 35-36 dell'istruzione della congregazione per l'educazione cattolica, In ecclesiasticam futurorum, del 3 giugno 1979, sulla formazione liturgica nei seminari (EV 6, nn. 1550-1704).

     

    63 Riguardo alla celebrazione quotidiana dell'eucaristia, prevista al n. 8, notiamo, per esperienza diretta, che per il fatto che la celebrazione festiva domenicale si svolge la sera del sabato, con le varie Comunità nelle quali sono inseriti i singoli seminaristi che continuano così le varie tappe del Cammino, normalmente non viene celebrata l'eucaristia il sabato mattina. A nostro avviso sarebbe bene che in un seminario si avesse maggiore attenzione per questo aspetto così fondamentale della formazione, ribadito dal can. 246 § 1. Ulteriore aspetto che meriterebbe maggiore attenzione è che il giorno do domenica, essendo i seminaristi liberi fino alla sera, non perda il suo significato di giorno del Signore, dedicato all'ascolto della Parola, alla preghiera e alle opere di carità.

     

    64 Regola di vita, n. 14.

     

    65 In proposito segnaliamo che, in alcuni dei seminari "Redemptoris Mater" attualmente funzionanti, gli studi filosofici-teologici sono svolti all'interno da professori provenienti (la tutte le parti del mondo, ma in prevalenza dalle università ecclesiastiche romane quali l'Angelicum, l'Antonianum, la Gregoriana. Il motivo risiede nella difficoltà di trovare in quei luoghi buone facoltà filosofiche o teologiche. Questa esperienza ha portato alcuni a parlare di "università itinerante", ma, nonostante i passi fatti, al momento non si è arrivati a nessun tipo di riconoscimento ufficiale (la parte della congregazione per l’educazione cattolica. In ogni caso crediamo che l'idea sia interessante, vista anche la pacifica accettazione oggi della cosiddetta "università a distanza", anche se necessita di alcune chiarificazioni e puntualizzazioni.

     

    66 Cf Regola di vita, n. 17.

     

    67 Ibid., n. 22.

     

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