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ARCIVESCOVADO DI FIRENZE Firenze, 25.3.1995
Annunciazione del Signore.

 

Al Sacerdoti

della Diocesi di Firenze

 

1) II cammino neocatecumenale è presente nella Diocesi di Firenze da 27 anni ed è diffuso attualmente in 17 parrocchie con 56 comunità, 245 catechisti, 12 itineranti più 3 famiglie in missione.

Anche numericamente è un fatto rilevante. Ancor più rilevante è l’importanza che esso ha avuto ed ha nella vita di molti fratelli e molte sorelle e per i frutti di conversione e d’impegno missionario maturati in questi anni.

Non sono mancate, tuttavia, rigidità e chiusure, incomprensioni e sospetti, che talora sono arrivati a dividere la comunità parrocchiale o comunque a generare tensioni molte acute.

Il Consiglio Presbiterale, che condivide col Vescovo la passione per l’unità della Chiesa e lo aiuta con lo studio e il consiglio nel suo compito di pascere il gregge di Cristo, ha affrontato questo problema con serenità e con verità, discutendone a lungo e dando qualche suggerimento.

II vescovo ha concluso la discussione con alcune indicazioni, che, rivedute e disposte più organicamente, sono ora offerte ai sacerdoti e, attraverso di loro, a tutti i fedeli.

 

2) II cammino neocatecumenale è stato definito autorevolmente "realtà generata dallo spirito", quindi carisma, nella Chiesa e per la Chiesa, frutto del Vaticano II (Lettera del Papa a Mons. Paul Josef Cordes del 30.8.1990).

Come ogni carisma è ordinato al bene della comunità (1 Cor. 14,12) ed è conseguentemente soggetto al discernimento del Papa per tutta la Chiesa, del Vescovo per la sua Diocesi.

Nel convegno ecclesiale di Loreto (9-13 aprile 1985) il Papa disse: "perché la ricchezza dei carismi che il Signore ci dona porti il suo pieno contributo all’edificazione della casa comune, è necessario innanzi tutto il riferimento costante al proprio vescovo principio visibile e fondamento dell’unità della Chiesa particolare. Ogni "ambiente" ecclesiale, come ogni problema che in essa può sorgere, trova nella Chiesa particolare e nella concretezza delle sue strutture il "luogo" provvidenzialmente predisposto, a cui fare riferimento nella ricerca della soluzione adeguata. Il tutto, ovviamente, nel contesto della indispensabile comunione con la Chiesa universale, che ha nel successore di Pietro il perpetuo e visibile centro della propria unità".

 

3) Se al vescovo compete il servizio del discernimento della Diocesi,

a) a tutta la comunità cristiana è richiesto

impegno di riflessione seria e serena per cogliere la volontà del Signore;

prontezza e apertura nel leggere i segni dei tempi;

attenzione a non opporsi a quello che potrebbe essere un disegno di Dio (vedi, in Atti, 5,34-39, l’intervento di Gamaliele);

attesa di un eventuale richiesto discernimento da parte della Sede Apostolica su alcune questioni che riguardano la catechesi e la liturgia, il ruolo del sacerdote, la conclusione del cammino neocatecumenale.

b) Ai fratelli del cammino neocatecumenale è richiesto un cuore grande,

che sa considerare anche le ragioni degli altri;

che sa interrogarsi sul proprio modo di esprimersi e presentarsi;

che sa riconoscere che Dio ha tempi diversi per le persone e vie infinite per condurle a sé;

che sa porsi in atteggiamento di umiltà superando la tentazione di credersi migliore degli altri.

Quanta sopra, evidentemente vale per tutti, anche per le singole comunità parrocchiali. I Gruppi e i Movimenti - a causa delle dinamiche proprie di queste realtà ecclesiali, - sono tentati più fortemente. Dovranno, allora, tenere ben presente la raccomandazione dell’Apostolo Paolo ai cristiani di Filippi: "Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ognuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso" (Fil. 2,3).

 

4) II sacerdote parroco è responsabile in modo diretto - dinanzi a Dio, alla sua coscienza e alla Chiesa - di tutti i fedeli di quella determinata comunità parrocchiale e di tutti gli uomini e di tutte le donne che abitano in quel territorio: tutti e tutte gli sono affidati, quale annunciatore del Vangelo, quale responsabile dei Sacramenti della fede, quale sacramento, lui stesso, dell’unico buon Pastore.

Deve essere manifesta la carità che egli ha per tutti: nella cordialità del rapporto, nell’impegno dell’evangelizzazione e della catechesi, nella cura della liturgia, nell’uscire dalle mura per incontrare la gente, con attenzione particolare ai piccoli, ai deboli, ai cosiddetti lontani.

Non può scegliere un unico metodo di evangelizzazione, ma deve esaminare ogni cosa e tenere ciò che è buono (1 Tess. 5,21).

Eviterà così il rischio d’imporre a tutti, di fatto, un determinato modo o metodo per seguire la strada del Vangelo.

Non è infatti, pensabile di poter arrivare a tutti solo mediante il cammino neocatecumenale. E questo, non per deliberata chiusura allo Spirito, ma per il fatto di sensibilità diverse e differenti storie delle persone all’interno dell’unica comunità cristiana.

Tale considerazione vale non solo per il cammino neocatecumenale, ma per qualunque altro metodo o spiritualità. Tanto che si può tranquillamente affermare che all’interno di una comunità parrocchiale vi possono essere molteplici forme ed esperienze di vita cristiana, ma nessuna può essere proposta come assoluta o esclusiva.

Non vi può essere una parrocchia solo neocatecumenale, come non vi può essere una parrocchia solo carismatica, o solo "cursiglista", o solo focolarina, o solo francescana o solo carmelitana ecc.

Del resto la stessa citata lettera del Papa riconosce il cammino neocatecumenale "come un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e i tempi odierni".

 

5) Il Santo Padre auspica che il cammino neocatecumenale "si realizzi secondo le linee proposte dagli iniziatori".

Quali sono i punti di frizione per i quali è richiesto prima di tutto il discernimento del parroco? del parroco che terrà saldamente in mano due principi:

la libertà dello Spirito del Signore, che suscita nuovi carismi, sconvolge i nostri piani, apre orizzonti inaspettati; e il mistero dell’incarnazione, per il quale Dio entra nell’umano rispettandolo, accettandone i ritmi di crescita, non ponendo ostacoli sul cammino dei piccoli e dei deboli.

a) Uno dei punti più discussi è certamente la Messa Festiva, che nel cammino neocatecumenale è celebrata il Sabato sera, normalmente comunità per comunità.

Emerge chiaramente il contrasto tra questa norma del cammino e recenti documenti del Magistero (Eucharisticum mysterium, 26-27; Eucaristia, comunione comunità, 71 e 81; Il giorno del Signore, 10), tutti tendenti ad eliminare il più possibile i frazionamenti del popolo di Dio nel giorno del Signore.

Particolarmente per quanto la Veglia Pasquale, la Congregazione per il Culto Divino, il 16 gennaio 1988, raccomandava "La partecipazione dei gruppi particolari alla celebrazione della Veglia Pasquale, in cui tutti i fedeli riuniti insieme, possano sperimentare in modo più profondo il senso di appartenenza alla stessa comunità ecclesiale".

I sacerdoti del cammino affermano che la situazione di celebrazioni a parte è solo per il tempo del cammino ed ha lo scopo di far maturare la fede, sostenere i deboli, accompagnare convertiti.

Il Papa "auspica che i fratelli nell’episcopato valorizzino ed aiutino - insieme con i loro presbiteri - quest’opera perché essa si realizzi secondo le linee proposte dagli iniziatori".

Che dice, il vescovo di Firenze?

Se ci sono presbiteri disponibili e la celebrazione non crea tensioni all’interno della comunità parrocchiale, tale autorizzazione e raccomandazione può essere accolta "nel contesto dell’unità della Chiesa particolare con la Chiesa universale".

I parroci però presentino i nominativi dei sacerdoti, ai quali è richiesto tale servizio. Non c’è bisogno di dire che sarebbe riprovevole che per compiere questo servizio celebrasse frettolosamente la Messa o togliesse impegni pastorali nella comunità affidata alle sue cure.

Qualora sorgano tensioni o polemiche, il sacerdote non proceda senza aver consultato il vescovo, proprio "nello spirito di servizio all’ordinario del luogo e di comunione con lui", che il Papa richiama nella citata lettera.

b) L’avvio del cammino neocatecumenale in una parrocchia o anche l’annuncio kerigmatico per aprire nuove comunità neocatecumenali, non avvenga senza una preventiva presentazione al Consiglio Pastorale Parrocchiale.

Qualora il parere del Consiglio sia negativo o largamente contrario, il parroco non proceda senza aver previamente e tempestivamente consultato il vescovo.

c) La sensibilità pastorale del parroco lo guiderà nella scelta dei suoi collaboratori, in modo tale che la catechesi, l’animazione liturgica e altri servizi non siano affidati solo ai neocatecumenali; in modo tale che il Consiglio Pastorale rispecchi la comunità parrocchiale nella sua multiforme realtà e non ci sia una presenza soverchiante di membri del cammino, specialmente se provenienti da altre parrocchie.

 

6) Ogni carisma è per l’edificazione della comunità. Il cammino neocatecumenale offre alla parrocchia provocazioni preziose:

a) la centralità della Parola di Dio;

b) la radicalità dell’impegno cristiano;

c) la ricchezza di un’autentica esperienza comunitaria;

d) l’esigenza di esperienze pastorali che si ispirano al RICA (Rito della iniziazione cristiana degli adulti).

 

7) Una comunione più profonda tra i sacerdoti del presbiterio e un contatto più vero e senza prevenzioni tra parrocchia e comunità neocatecumenale

aiuteranno ad evitare il distacco e il sospetto reciproci, che possono arrivare al punto che fratelli fervorosi nel cammino neocatecumenale presso un’altra parrocchia non abbiano quasi nessun rapporto con la parrocchia a cui appartengono come territorio;

favoriranno una maggiore flessibilità ed equilibrio da parte di tutti;

attenueranno il rischio che i neocatecumenali considerino la loro esperienza come l’unica strada per costruire la parrocchia e vivificare la Chiesa e gli altri fedeli guardino al cammino come ad una Chiesa diversa;

faranno crescere l’amore della Parola di Dio con la preghiera, l’ascolto, le spiegazioni necessari e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa familiarizzino con sicurezza e utilità con le Sacre Scritture e siano permeati dal loro spirito (DV, 25).

 

8) Ho scritto questa lettera per compiere un servizio alla comunione nella nostra Chiesa fiorentina, nella consapevolezza che certe norme e indicazioni non assolute ma relative alla situazione presente; nella consapevolezza che anche norme transitorie come alcune disposizioni del Concilio di Gerusalemme sono introdotte dalle parole impegnative: "è parso bene allo Spirito santo e a noi" (Atti, 15,28).

 

Con la speranza che, quando avrete letto questa lettera, anche voi, sacerdoti carissimi, vi rallegrerete come i fratelli di Antiochia e, come Giuda e Sila, parlerete molto per incoraggiare e fortificare i fedeli (Atti, 15, 31-32), vi dà la benedizione di Dio, che è Padre di tutti ed è presente in tutti (Ef. 4,6).

 

                                                      † Silvano Card. Piovanelli

                                                                 Arcivescovo

 

 

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