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Cammino neocatecumenale. Diocesi e in parrocchia

Documento emesso dal Card. Pappalardo il 22.2.1996

 

Come era già da tempo intenzione di fare, è stato elaborato e viene ora pubblicato un testo di riflessioni e indicazioni che si rife­riscono in generale ai gruppi e associazioni esistenti in diocesi e in particolare alle comunità neocatecumenali.

Il tutto è concepito in modo che dette comunità, nel sereno rapporto con le strutture diocesane, possano realizzare e promuo­vere quei frutti dei quali al n. 4 si dà loro ampio riconoscimento.

1.  In sintonia con i molteplici orientamenti e indicazioni dell’episcopato italiano, la nostra chiesa locale «gioisce per ciò che gruppi, associazioni e movimenti rappresentano e testimoniano» (Chiesa particolare, n. 33).

Essa ha tra i suoi compiti anche quello di condurre la varietà dei carismi alla piena comunione: infatti la molteplicità delle ag­gregazioni e la loro comunione non si escludono, ma vanno affer­mate, promosse e sostenute, sempre e contemporaneamente, per il fatto che le une senza l’altra, e viceversa, non hanno senso.

2.  Ogni parrocchia, pertanto, quale fondamentale articola­zione territoriale della diocesi, non neghi spazio alle esperienze associative, accolte dal vescovo della chiesa locale quali vere «ricchezze» della Spirito.

Il compiere scelte univoche, relative cioè a una sola associa­zione, gruppo a movimento, snatura la parrocchia, la quale deve restare punto di riferimento concreto, nella comunione e nel ser­vizio, per tutte le realtà presenti nel suo territorio (Cf. Chiesa par­titolare, n. 31).

I fedeli d’altronde hanno diritto se vogliono di aggregarsi in associazioni diversificate (cf. CIC cann. 215, 225, 299 § 1, ecc.). Non possono essere quindi costretti né ad aggregarsi a uno dei gruppi esistenti né a valersi di un’unica possibilità di adesione.

3.  L’assolutizzare la propria esperienza, comportando una lettura in chiave riduttiva del messaggio cristiano e il rifiuto di un sano pluralismo di forme associative, costituisce un reale impove­rimento per tutti, comunità e singoli.

 

I frutti maturati

 

4.  Tutto ciò, che è valido per ogni tipo di associazione, inte­ressa anche il «Cammino neocatecumenale» esistente e operante all’interno della chiesa locale, anche se esso non si riconosce ca­rattere associativo.

È giusto rilevare anzitutto — e lo faccio volentieri — alcuni buoni frutti che felicemente maturano attraverso detto Cammino, dove esso è stabilito:

1.                  il raggiungimento dei «lontani»e il loro ritorno alla pratica cristiana;

2.                  il ritrovato fervore di canti che erano prima tiepidi «cristiani della domenica»;

3.                  il coinvolgimento e la partecipazione di interi nuclei familiari;

4.                  la costanza e l’impegno dei membri più attivi nell’evangeliz­zazione e nella missione.

Ci sono certamente esempi in questa diocesi in cui il dialogo e la collaborazione con altre realtà ecclesiali presenti hanno evitato al Cammino di ridursi a unica esperienza, dando così alle parrocchie la possibilità di realizzare l’auspicata «comunione di comu­nità».

            Sembra poi da preferirsi che, in quanto possibile, le comunità del Cammino siano formate da persone abitanti nell’ambito della medesima parrocchia, sì da sentirsi unite e appartenenti alla più ampia comunità parrocchiale, prestando anche in essa adeguati servizi.

5.  Emergono però in vari luoghi talune difficoltà che hanno motivato i rilievi fatti dai vescovi di Sicilia nel documento Orientamenti pastorali  pubblicato dopo il III Convegno regionale di  Acireale sui rapporti del Cammino neocatecumenale e dei movimenti carismatici con la pastorale e la vita liturgica delle diocesi e delle parrocchie.

È per questo che abbiamo voluto tenere nella nostra diocesi un «fraterno e sereno» incontro tra i sacerdoti nelle cui parrocchie opera il Cammino neocatecumenale. Sono da esso emerse infor­mazioni e valutazioni in base alle quali possiamo già determinate alcuni punti da tenere opportunamente presenti.

6.  Premesso che:

1.                  il vescovo è il primo responsabile della vita e dell’azione pastorale nella chiesa particolare, ed è quindi riferimento obbligato per ogni scelta operativa che riguardi l’evangelizzazione, la litur­gia e la testimonianza della carità;

2.                  niente dev’essere fatto all’insaputa del vescovo, tanto meno in difformità dalle scelte e agli indirizzi da lui dati e consegnati nei piani pastorali diocesani;

3.                  l’istituzione di realtà aggregative o nuove metodologie non si giustifica solo dalla sensibilità, dai gusti, e dal bisogno di auto­realizzazione o gratificazione dei singoli o dei gruppi, ma da vere e riconosciute esigenze pastorali;

4.                  quando il papa esprime sue positive valutazioni sul Cammino neocatecumenale, sempre rimanda alla responsabilità e alle indicazioni che i vescovi possono dare nelle loro diocesi.

 

Il Cammino non è «la chiesa»

 

7.  Nella nostra diocesi palermitana:

il presbitero (parroco o amministratore parrocchiale o rettore di una chiesa), o il laico promotore, che intenda costituire una qualsiasi aggregazione, compreso il Cammino neocatecumenale, o sciogliere alcune di quelle esistenti, ne dia notizia scritta al Ve­scovo, attendendone il parere e l’eventuale approvazione (CIC can. 301).

Il presbitero, soprattutto se parroco, non si lasci assorbire to­talmente dal Cammino o da altra aggregazione, specialmente nei giorni festivi, e sia presente in parrocchia, impegnato nella conduzione dell’intera pastorale e a servizio di tutta la comunità.

Emergano, in ogni caso, con chiarezza, il ruolo e la responsabilità sacramentale e ministeriale del presbitero - soprattutto se parroco - anche rispetto ai «catechisti», pur riconoscendo a questi responsabilità e ruolo formativo nei riguardi degli altri fratelli laici e delle comunità.

8.  I «catechisti» (tanto quelli di cui al numero precedente, come anche quelli «di supporto» per la normale catechesi parroc­chiale) siano presentati al vescovo, perché egli possa accertarne:

1.                  la preparazione dottrinale e la formazione spirituale;

2.                  i contenuti che sono chiamati a trasmettere;

3.                  la conoscenza dei piani pastorali generali e di settore della diocesi;

            È dal vescovo infatti che essi devono ricevere il mandato di operare in nome della chiesa locale.

9.  Riguardo ai «passaggi» che l’itinerario neocatecumenale comporta, non c’è dubbio che essi debbano essere condotti con la dovuta discrezione e con pieno rispetto delle persone e delle loro coscienze. Si tenga presente poi che essendo «il parroco pastore proprio della parrocchia nella quale esercita la cura pastorale sotto l’autorità del vescovo» (CIC can. 519), non è da ritenere sempre necessaria la presenza di questi o del vicario alla celebra­zione dei «passaggi». Sia essa preferibilmente richiesta nella for­mulazione delle iniziative del Cammino, specialmente per quanto attiene alla loro armonizzazione con i piani pastorali diocesani.

Anche quando il Cammino avesse sede presso strutture non parrocchiali, è opportuno che mantenga rapporti con la parroc­chia, anche attraverso una sua rappresentanza nel consiglio pastorale.

10.  Nelle celebrazioni liturgiche la Parola come lodevol­mente avviene sia posta al centro dell’assemblea, però sia diverso il luogo da cui vengono rivolte le munizioni, le introduzioni, l’animazione dei canti. Le munizioni, poi, non esorbitino per nu­mero ed estensione. Le omelie non si riferiscano alla nuda Parola, ma tengano conto del vivo magistero della chiesa, degli approfondimenti teologici, del senso della fede del popolo cristiano, af­frontando anche le problematiche più attuali della storia e della società in cui viviamo.

Il Cammino, da solo, non è «la chiesa»; pertanto esso non si distacchi dalle liturgie eucaristiche comuni, partecipi alle più im­portanti celebrazioni diocesane presiedute dal vescovo, e si mantenga in cordiali rapporti con il resto del popolo di Dio presente nella parrocchia o nel luogo dove esso opera.

11.  Le messe delle comunità neocatecumenali non siano celebrate di domenica o nei giorni festivi, ma soltanto in giorni feriali, e non siano mai precluse agli altri fedeli.

Per le modalità e il luogo di ogni celebrazione si osservino le nome liturgiche corrispondenti e si evitino eventuali singolarità non ammesse.

Gli aderenti al Cammino, dopo la celebrazione in parrocchia dell’unica veglia pasquale, possono continuare a rimanere uniti in preghiera, letture e canti sino a notte prolungata o al mattino se­guente.

12.  Con particolare autorizzazione del vescovo si può per­mettere che in qualche chiesa non parrocchiale si celebri per gli aderenti al Cammino la prolungata veglia. La chiesa di S. Maria dei miracoli in piazza Marina, da tempo affidata al Cammino neocatecumenale, resta sempre un segno di comunione nell’ambito della diocesi.

Le stesse norme, per gli stessi motivi, devono ritenersi valide per la veglia di Pentecoste.

Confidando che queste indicazioni possano nella nostra dio­cesi assicurare un sereno e fruttuoso svolgimento delle attività neo­catecumenali e di quanti altri animano l’intera comunità ecclesiale, tutti di gran cuore salutiamo e benediciamo.

 

Salvatore card. PAPPALARDO

Arcivescovo di Palermo

 

22 febbraio 1996.

 

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