Per tornare alla Home Page

ENRICO   ZOFFOLI

 

 

EUCARISTIA

 

 

 

 

 

DIFESA

CONTRO LA

MISCREDENZA

E IL TRADIMENTO

 

 

 

 

 

 

 

Roma, III ed. 1999 – Crociata Eucaristica

 

Voi mi chiamate MAESTRO,

e non mi ascoltate!

 

Voi mi chiamate VIA,

e non mi percorrete!

 

Voi mi chiamate VERITÀ,

e non mi seguite!

 

Voi mi chiamate VITA,

e non mi desiderate!

 

Voi mi chiamate AMABILE,

e non mi amate!

 

Voi mi chiamate CLEMENTE,

e non mi invocate!

 

Voi mi chiamate SIGNORE,

e non mi servite!

 

Voi mi chiamate POTENTE,

e non mi riverite!

 

Voi mi chiamate GIUSTO,

e non mi temete!

 

Se io vi condannerò,

non mi incolpate!


 

 


I  -  L’EUCARISTIA. COSA NE PENSA OGGI LA CHIESA

 

        L’Eucaristia “è il culmine e fonte di tutto il culto e della vita cristiana...” (Cod. di Dir. Can., c. 897).

        “Nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa... “ (Concilio Vaticano IL, Presb. Ord., 5).

        “La sintassi eucaristica è il centro della comunità dei cristiani...” (iv.).

        “Non è possibile che si formi una comunità cristiana, se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra Eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione ten­dente a formare lo spirito di comunità” (iv., 6).

        L’Eucaristia “dà alla Chiesa la sua perfezione” (Conc. Vat. IL, Ad Gent., 39).

        L'Eucaristia costruisce la Chiesa” (Giovanni Paolo IL, Domin. Cenae, 4).

        Col sacramento del pane eucaristico viene rap­presentata e prodotta l’unità dei fedeli, che costituisco­no un solo Corpo in Cristo” (Conc. Vat. IL, Lumen Gent., 3).

        “I fedeli, già battezzati” e corroborati dal sacramento della Cresima, “sono pienamente inseriti nel Corpo di Cristo per mezzo dell’Eucaristia” (Conc. Vat. IL, Presb. Ord., 5).

        “Tra tutti i sacramenti è la SS. Eucaristia che porta alla pienezza l’iniziazione del Cristiano” (Giovanni Paolo IL, Domin. Cenae, 7).

        “Il culto eucaristico costituisce l’anima di tutta la vita cristiana” (iv., 5).

        “Il mistero della santissima Eucaristia, istituita dal Sommo Sacerdote Gesù Cristo e rinnovata in perpetuo per sua volontà dai suoi ministri, è come la somma e il centro della sacra liturgia... “ (Pio XIL, Mediator Dei, 53).

Se tutto ciò è vero — come non può non esserlo per un credente — si spiega come appunto il dogma eucaristico, oggi, sia particolarmente preso di mira da tutti i nemici e i traditori della fede, decisi a procurarsi i più temibili alleati anche tra le file del Clero.

 

 

II - LA CONGIURA

 

Le infiltrazioni del Protestantesimo, favorite dal laicismo e dalla massoneria, sono così diffuse e profonde che molti del Clero e del laicato, insensibil­mente vanno aberrando dall’ortodossia cattolica.

        Essi non credono nella Messa come sacrificio, celebrandola solo come convito fraterno. Secondo loro, la Risurrezione e l’attuale stato del Cristo glo­rioso, invitano alla gioia e alla festa, non al pianto e alla penitenza nella partecipazione all’Offerta cruen­ta della Croce, sacramentalmente ri-presentata sul­l’altare nella celebrazione di ogni Messa;

        Riconoscono al celebrante soltanto la dignità di “preside” del rito, quella stessa comune a tutti i fede­li, perché incorporati al Cristo mediante il battesimo; e quindi negando la distinzione essenziale tra sacerdozio ministeriale e sacerdozio comune...;

        Ritengono che le parole della consacrazione non producono la vera, reale e sostanziale presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche, trattandosi soltan­to di una sua presenza simbolica.

        Non si curano delle briciole e frammenti del pane consacrato caduti durante l’azione liturgica: negata la “transustanziazione, la presenza di Cristo si ritiene condizionata  n o n  alla “sostanzadel suo Corpo, ma alle dimensioni del pane che suole consumarsi in ogni normale pasto umano.

        Non s'inginocchiano davanti al Tabernacolo né adorano il Santissimo, convinti che, dopo la Messa, celebrata come “convito” e quindi sciolta l’assemblea dei fedeli, il “pane consacrato” non è più “simbolo della loro unione tra loro nel Cristo.

        Giudicano superflua la confessione sacramentale prima di comunicarsi: il fatto stesso di riunirsi nel nome di Cristo sarebbe già segno di riconciliazione con Lui e i fratelli, ciò ch’è falso.

1.                  Concepiscono la Chiesa non come singolare Organismo anche giuridico, con dogmi definiti, norme etiche immutabili, riti sacri, gerarchia...; ma come universale Società dei credenti, ciascuno dei quali vive i suoi rapporti con Dio secondo la propria sensibilità e cultura; per cui non si da nessuna religione che emerga sulle altre come assolutamente vera e, quindi, unica e oggettiva via di salvezza.

        Non distinguono in modo netto e definitivo il vero dal falso, il bene dal male, il sacro dal profano, sostenendo che la mente umana non può conoscere la verità assoluta, specialmente a livello metafisico e soprannaturale... Segue che non si sarebbe un “credo valido per tutti i popoli, le culture e le fasi del processo storico.

Questa, per sommi capi, la dottrina che, colpendo l’Eucaristia, soggiace alla congiura da noi denunziata, la quale mira a frantumare la più salda base della fede cattolica, della dignità della persona e della civiltà umana.

 

 

III - RESPONSABILI E COMPLICI

          La congiura, ordita con scaltrezza, pervicacia ed una formidabile ricchezza di mezzi atti ad estenderla, tende a sovvertire il Cristianesimo, preferendo questa volta raggiungerlo dall’interno e colpirlo al  Cuore qual è appunto l’Eucaristia, negata come Sacrificio dell’altare, suprema Fonte di grazia, adorabile Presenza di amore.

Gli organizzatori sono alcuni sedicenti teologi cattolici che, influenzati dal protestantesimo libera­le, hanno riesumato le tesi del modernismo, sintesi di tutte le eresie e già condannato da san Pio X.

Complici del piano sono alcuni membri del Clero, teologi, biblisti, liturgisti, insegnanti di religione, ministri straordinari, collaboratori di parrocchie e specialmente i fondatori e dirigenti del Movi­mento Neocatecumenale.

 

A tutti deve attribuirsi:

        una deplorevole confusione d’idee intorno al dogma...;

        l’applicazione talora parziale, unilaterale ed erro­nea delle prescrizioni del Concilio”... (Giovanni Paolo IL, Domin. Cenae 12);

        la sistematica violazione delle rubriche liturgiche...;

        la tiepidezza e negligenza per le quali non si preoccupano di prevenire irriverenze e sacrilegi;

        il modo sbrigativo e annoiato con cui trattano il Santissimo, dimostrando un’assuefazione al “sacro” ch’è solo indice della perdita quasi totale della fede nel supremo dei misteri;

        la tendenza - contraria allo spirito e alle precisa­zioni del Vaticano II -  a generalizzare sempre più  la concelebrazione fino alla pratica abolizione della Messa individuale, accentuando il carattere convi­viale della Messa a scapito di quello sacrificale, assolutamente primario. Ne segue: la sensibilissima riduzione degli atti di culto; l’impoverimento dei sacerdoti; la sottrazione ai fedeli di immensi benefici spirituali e alle anime purganti d’in­numerevoli suffragi. Tutto ciò perché — secondo la più sana e fondata teologia — ai molti concelebranti risponde una sola Messa, consistente nell’unica e indivisibile consacrazione” da essi compiuta.

 

 

IV - LA VERITÀ INNANZI TUTTO

 

Docili al Concilio e ai Papi che lo hanno convoca­to, diretto e approvato, e uniti con la parte migliore ed equilibrata del Clero italiano, i fedeli insorgono per protestare contro aberrazioni dottrinali ed abusi che hanno offeso il Mistero eucaristico, “culmine e fonte di tutto il culto e della vita cristiana (Codice di Dir. Can., c. 897).

Essi intendono smascherare manovre, prassi, modi di comportarsi e di esprimersi che rivelano la nefasta influenza della congiura, dichiarando:

  è falso che il Vaticano II abbia “superato” la dottrina e abolito le prescrizioni del Concilio di Trento, come vorrebbero i Protestanti.

  è falso che il movimento ecumenico debba ridurre — fino ad annullarle — le differenze che in materia di fede e costumi hanno sempre distinto la Chiesa Cattolica da tutte le altre religioni, cristiane e non cristiane.

  è falso che alcuni peccati, ritenuti sempre gravi (specialmente quanto al sesso), oggi non siano più tali e non impediscano quindi di ricevere la Comunione senza prima confessarsi: la morale della Chiesa è rimasta immutata.

  è falso che sia peccato soltanto quello che cia­scuno crede sia tale: la coscienza umana non è auto­noma, dovendo distinguere il bene dal male secondo la legge naturale, che riflette la Legge Eterna. Il rela­tivismo etico, nel rifiuto d’ogni valore oggettivo e assoluto, degrada la persona, spingendo l’individuo e la società verso l’anarchia e la morte.

  è falso che la misericordia di Dio supplisca a tutto, dispensando dal dovere di pentirsi, correggersi, combattere le passioni, preferire la morte piuttosto che tornare ad offenderLo.

  è falso che la Chiesa obblighi i fedeli a riceve­re la Comunione sulla mano e intenda abolire la prassi precedente: Vescovi, parroci e sacerdoti, che proibiscono di riceverla sulla lingua, si oppongono alle disposizioni della C.E.I. secondo la quale il nuovo rito  non  è obbligatorio, ma facoltativo.

Essi, dunque, abusano della propria autorità, turbando le coscienze, rischiando di perdere ogni credibi­lità presso il popolo, che diserta sempre più vistosa­mente le nostre chiese.

Infatti:

a) la C.E.I. ha dichiarato che “il modo consueto di ricevere la Comunione deponendo la particola sulla lingua RIMANE DEL TUTTO CONVENIENTE”;

b) la medesima, oltre a non comandare, neppure raccomanda la nuova prassi, limitandosi a “per­mettere, concedere”, senza addurre una sola ragione che la faccia ritenere preferibile all’altra;

c) ed anzi, nel ‘79, la S. Sede ha ordinato: “Si con­servi la consuetudine di deporre la particola del pane consacrato sulla lingua dei comunicandi, consuetudine che poggia su una tradizione pluri­secolare” (Rito della Comunione fuori della Messa, Istruz., p. 25, n. 21);

d) Paolo VI dichiarò di non poter concedere la Comunione sulla mano, giudicando tale prassi “praticamente pericolosa e discutibile”. Infatti, stando alle motivazioni del suo rifiuto, risulta che:

a) essa facilita la caduta e dispersione dei frammenti, ed espone il Santissimo a furti destinati alla celebrazione di “Messe nere da parte di sètte sataniche;

b) favorisce la diffusione di gravi errori contro il dogma eucaristico, già tanto travisato dalla teologia protestante;

g) contribuisce fatalmente ad illanguidire la devozione e il fervore dei fedeli;

d) la prassi precedente è stata collaudata da una tradizione ultramillenaria, riflettendo un’ammi­rabile evoluzione della coscienza liturgica della Chiesa;

e) la proposta della nuova prassi è stata respin­ta dalla maggioranza assoluta dell’Episcopato mon­diale (Cf. Istruz. Memoriale Domini, in Acta Apost. Sedis, 61, 1969, PP. 54 1-5);

e) il medesimo Pontefice ha rivelato la VERA ORIGINE DELLA RIFORMA, dichiarando: «[Essa] rischia di disorientare molti fedeli, che non ne sentono la necessità e che mai si sono posti questo problema (...). Sembra che questa nuova pratica, instaurata qua e là, SIA OPERA DI UN PICCOLO NUMERO DI SACERDOTI E LAICI CHE CERCANO DI IMPORRE IL LORO PUNTO DI VISTA AGLI ALTRI E DI FORZARE LA MANO ALL’AUTORITÀ. Approvarla sarebbe incoraggiare queste persone, non mai soddisfatte delle leggi della Chiesa» (Cf. A. Bugnini, La Riforma liturgica 1948-1975, Ed. Liturg., Roma, 1983, pp. 627-8);

f) la nuova prassi non è stata voluta dalla S. Sede, ma solo permessa per le importune richieste di alcune Conferenze episcopali, soprattutto di nazioni protestanti, e soltanto dopo una sua introduzione del tutto abusiva, a cui si fece credere falsamente che non era più possibile resistere, nonostante i richiami e i divieti di Roma. (Cf. A. Bugnini, op. cit., pp. 623-4).

  è falso dunque che la Chiesa abbia inteso accordare ai fedeli una vera grazia, soddisfacendo una loro oggettiva esigenza spirituale, rispondente ad una loro presunta età matura le circostanze che hanno preceduto (e seguito) la concessione della nuova prassi dimostrano l’opposto... Una vera grazia non può avere presupposti del genere, che non fanno onore alla saggezza e allo zelo di veri Pastori.

  è falso che la prassi concessa rappresenti un reale “progresso rispetto all’altra, che ricorda le sublimi esperienze di migliaia di Santi. Paolo VI, nell’opporsi alla proposta della Comunione sulla mano, ha dichiarato che la Chiesa s’indusse a mutare la prassi primitiva solo in seguito ad una più profon­da e amorosa consapevolezza del Mistero eucari­stico, e per impedire le irriverenze e le profanazio­ni a cui la medesima si era prestata. La riforma valse a dimostrare un ammirabile aumento di fervore nel Clero e nel popolo.

  è falso che la prassi della  “Comunione sulla lingua” abbia avuto inizio dal secolo IX: documenti incontrovertibili (ignorati o taciuti) dimostrano il contrario. Basti pensare che a Roma, fin dal II secolo, sotto s. Sisto 1(115-125), ai laici fu proibito persi­no di toccare i vasi sacri... (Cf. Mansi, SS. Concilio­rum nova et amplissima collectio (1757-98), I, p. 653).

10°  è falso che sia doveroso o anche solo conve­niente tornare alle origini in materia di disciplina liturgica: ciò è imperdonabilmente antistorico, equi­valendo ad un’involuzione contraria alla vitalità del Corpo Mistico. “Un antico uso — sentenzia Pio XII — non è, a motivo soltanto della sua antichità, il migliore sia in se stesso sia in relazione ai tempi posteriori ed alle nuove condizioni verificatesi (…)”. Non è saggio né lodevole ridurre tutto e in ogni modo all’antico (Med. Dei, 49-50).

11°  è falso che la concessione della nuova prassi abbia conferito ai fedeli il diritto di ricevere il Santissimo sulle mani, e imposto al sacerdote il dovere di darla. Infatti:

— sia il vero pensiero della Chiesa espresso nell’atteggiamento e nelle parole di Paolo VI;

— sia l’origine abusiva della prassi;

sia la perenne validità delle ragioni per le quali il Papa si rifiutò di approvarla;

sia il modo stentato e quasi estorto con cui alla fine giunse a concederla, d i m o s t r a n o che è del tutto arbitrario, al riguardo, parlare di un vero diritto del popolo e di un vero dovere del sacerdote; il quale, negando al fedele la Comunione sulla mano, non priva questi di nessun vero bene o grazia; ed anzi, invitandolo a riceverla sulla lingua, lo stimola a purificare la propria sensibilità interiore, ravvivare la fede, concepire il massimo possibile rispetto dovuto al Signore.

12°  è falso e illusorio, del resto, che egli, riceven­do la Comunione sulla mano, abbia la gioia di tocca­re Gesù, come certe ingenue “anime pie” fantastica­no: il fedele può raggiungerLo soltanto con la fede, mentre con la mano si limita a toccare le proprietà sensibili del pane, non quelle dell'Umanità del Verbo Incarnato, come fu possibile a Maria SS.ma.

13°  è falso che nei frammenti delle ostie consa­crate cessi la reale presenza di Cristo; il quale, in virtiù della transustanziazione, resta nei medesimi, come — p. es. — la sostanza dello zucchero rimane inalterata in ciascuna delle sue molecole anche quan­do è ridotto in polvere ed è appena palpabile. Il con­trario è sostenuto soltanto da teologi ignoranti o infetti di protestantesimo che, respingendo la tran­sustanziazione, ritengono che per “pane” non devo­no intendersi le “briciole”, bensì quel tanto del medesimo che da tutti suole consumarsi a mensa per nutrirsi.

Essi hanno il grave torto di non riflettere che la “Mensa eucaristica è essenzialmente e incomparabilmente diversa da qualsiasi “mensa umana e che “il Pane vivo disceso dal cielo” non ha nulla a che vedere col “pane” dei nostri fornai: quello “consacrato” NON È PIÙ VERO PANE, MA GESÙ IN PERSONA; per cui basta anche un solo frammento perché un’anima possa comunicare con Lui nel più sublime dialogo di amore.

14°  è falso che il rito della Comunione sulla mano non esponga più facilmente al pericolo della caduta dei frammenti: per prevenirlo, la liturgia prescrive L’USO DEL PIATTINO, che però molti sacer­doti — slealmente! — vanno eliminando per impedire ai fedeli di ricevere la Comunione sulla lingua, prassi che la Chiesa non cessa di ritenere “del tutto conveniente”. Ora, appunto per questo, non è onesto abituarei bambini a ricevere l’Eucaristia sulla mano: nessuno è autorizzato a sostituirsi ai medesi­mi e imporre soprattutto a loro una scelta che non possono fare e in se stessa non è affatto la migliore.

15°  è falso che ci siano ragioni d'igiene che motivano la prassi della Comunione sulla mano. Quelle addotte sono pretestuose, perché solo raramente il sacerdote tocca la lingua dei fedeli, cosa che tutti procurano di evitare; per cui, quando accade, è facilissimo rimediare subito... Ed è scientificamente certo che la saliva non è affatto un veicolo dell'AIDS.

Al contrario, si finge d’ignorare che l’igiene vieta ad ogni persona civile di prendere con mani che quasi sempre e inevitabilmente, prima della Comunione, hanno toccato tutto (borse, soldi, banchi, sostegni, passamani, ecc.).

16°  è falso che lo spirito della Nuova Alleanza abbia dispensato i credenti dai precetti del Decalogo, lasciandoli liberi di assecondare gli impulsi istintivi della natura. Gesù non ha soppresso la Legge, ma l’ha perfezionata richiamando l’assoluto primato dell'amore, che stimola a superare la “lettera” della legge e a tendere a tutto l’ottimo possibile, special­mente nel culto dovuto all’Eucaristia quale supremo sacramento dell’amore che faceva impazzire di gioia i Santi, mai soddisfatti di adorarlo con infinita riverenza. - È diabolico non prevenire oggettive mancan­ze di riguardo, umiliando Gesù più di quanto si è degnato nel farsi Cibo di vita eterna.

17°  è falso che ormai convenga accettare e seguir­e il nuovo corso, uniformandosi ad una prassi liturgica che scaltramente si fa credere sia sempre più comune per favorirne la propagazione in ambienti non informati e indifferenti. Ciò che contrasta con l'onore di Dio e il bene delle anime non può mai acquistare valore di legge: “Nessuna consuetudine, che sia contraria al diritto divino, può ottenere forza di legge” (Cod. di Dir. Canon., c. 24/1).

 

 

V - IL GRANDE MOMENTO DEI LAICI

 

Denunziando la falsità di modi di pensare e di agire sempre più diffusi nel mondo cattolico, inten­diamo avvertire specialmente il laicato dell’estrema gravità della crisi vissuta dalla Chiesa.

L’assalto organizzato contro il dogma eucaristico tende a colpire il Sacerdozio, e, in esso, a sopprime­re la Gerarchia per demolire la Chiesa come società visibile istituita da Cristo, propagata dagli Apostoli, presieduta da Pietro e Successori nella sede di Roma. Ora, eliminata la Chiesa, resterebbe dissolto il Cristianesimo, ridotto ad uno dei tanti discutibili orientamenti religiosi dello spirito umano: esattamente secondo il programma del mondialismo massonico.

Se il Mistero Eucaristico è la sintesi di tutte le verità di fede (compresa quella della natura della Chiesa) e costituisce la profonda essenza della litur­gia che lo esprime e celebra; segue che offendere il culto eucaristico equivale a tradire la fede.

I nemici del Cristianesimo oggi hanno preferito colpire l’Eucaristia insinuando ed anche imponendo a livello liturgico delle  novità  le quali — contro la lettera e lo spirito della riforma inaugurata dal Vaticano II — mirano ad estinguere insensibilmente nei fedeli la più illuminata e amorosa venerazione del Santissimo.

Contro tale  congiura  insorge la coscienza cristiana di un popolo, troppo spesso ignaro, timido, passivo. Se “Gesù sarà in agonia sino alla fine del mondo”, proprio per questo, secondo Pascal, “durante questo tempo, non bisogna dormire”.

La missione dei  laici, riconosciuta solenne­mente dal Concilio, impone ad essi il dovere di scuo­tersi per salvare la Chiesa, come già in altri tempi, e difenderla soprattutto dai suoi nemici interni; i quali, sedotti dal peggiore ecumenismo, tentano di abbatterla, trascinandola nel vortice di una esegesi biblica inquinata di storicismo e agnosticismo.

Suprema guida per tutti non è l’opinione di bibli­sti e teologi, e neanche il magistero e la prassi di que­sto o quel Vescovo, di questa o quella Conferenza episcopale; ma la Parola del Papa come Maestro della Chiesa universale, interprete personalmente infallibile della Rivelazione. Vero è  e sarà sol­tanto quel che Egli, in armonia con la Tradizione Cattolica, continuerà ad insegnare specialmente sul mistero eucaristico, che riassume tutti i misteri, e fonte di tutti i poteri, assicura la santità e la salvezza a tutti i credenti.

 

 

VI - BREVE COMPENDIO DI TEOLOGIA EUCARISTICA

 

1 - Il dogma eucaristico è compreso vitalmente nel contesto della Rivelazione Cristiana, che parte dal fatto storico del peccato originale e di tutti quelli personali commessi dall'origine alla fine del mondo.

2 - La Redenzione, contemplata nel decreto della misericordia redentrice di Dio, implica una soddisfa­zione della sua giustizia, possibile all'uomo soltanto per la mediazione espiatrice di Gesù, Verbo Incarna­to.

3 - Gesù ha compiuto la sua missione sacrifican­dosi sulla croce: la sua Offerta cruenta è perfetta, unica, universale, valida per le generazioni umane di tutti i tempi; le quali solo partecipando alla medesi­ma, nella morte della penitenza, possono goderne i Frutti nella vita e nella gioia della sua risurrezione.

4 - Il Sacrificio della Croce è quello medesimo reso presente sull'altare ogni volta che il sacerdote consacra pane e vino, mutati nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Perciò, se i Giudei videro e udirono il Salvatore morente, oggi i credenti contemplano l'i­dentico Salvatore nell'atto stesso della sua Offerta attraverso il velo delle apparenze (= accidenti) del pane e del vino che, distintamente consacrati, ripro­ducono simbolicamente la violenta separazione del Sangue dal Corpo della Vittima divina, il vero Agnello che toglie i peccati del mondo.

5 - La Messa, essendo la stessa Immolazione di Cristo celebrata sotto le specie del pane e del vino, è anche convito, tale però da offrire in cibo e bevanda la carne crocifissa e il sangue versato dal Salvatore, invitando i fedeli a trasformarsi spiritualmente in Lui, Vittima di espiazione, sì da partecipare alle sue disposizioni sacrificali e rinascere ad una vita nuova che prelude alla risurrezione finale.

6 - Dunque, la Messa è il rito che celebra princi­palmente il Sacrificio della Croce, non un banchet­to di festa che esalta la gloria della Risurrezione. Anche se attualmente risorto e impassibile, Gesù ha voluto che la Chiesa, nel mistero eucaristico, cele­brasse la sua Passione e Morte, unica Causa merito­ria della nostra salvezza. Egli ci ha redenti non risorgendo, ma morendo. La Risurrezione è effetto-premio della Morte, come la Morte (e Morte di amore!) è germe della risurrezione.

7 - La Messa è l'identico Sacrificio della Croce perché Chi veramente la celebra - mediante il suo ministro - è lo stesso Gesù, presente sotto le specie del pane e del vino, transustanziati nel suo Corpo e nel suo Sangue. Ed è per questa sua reale e sostan­ziale presenza che la Comunione eucaristica consen­te ai fedeli di unirsi con Lui anche secondo la sua Umanità, quella propria della persona del Verbo.

8 - La presenza di Lui, realizzata in virtù della transustanziazione persevera in tutti i frammenti del Pane eucaristico; che perciò sono adorabili non meno dell'intera Ostia consacrata. Essa dura finché le natu­rali proprietà del pane restano inalterate, fungendo esse da segno indicativo di quella presenza. Ne conse­gue il dovere di tutti gli atti del culto eucaristico.

9 - Chi rifiuta la reale e sostanziale presenza di Cristo nel sacramento dell'altare, logicamente deve negare anche il Sacrificio Eucaristico, e quindi il sacerdozio, l'Ordine sacro, la Gerarchia, la Chiesa come società visibile coi suoi poteri, e perciò l'infal­libilità del suo Magistero; infine lo stesso Cristia­nesimo quale Rivelazione divina e, in questa, il supremo criterio di verità e di certezza per ogni cre­dente.

10 - La Messa è celebrata dal sacerdote operante «nella stessa persona di Cristo», non dai fedeli; i quali perciò possono essere assenti, anche se la loro parte­cipazione è vivamente raccomandata. La Messa dun­que, non è costituita essenzialmente dall'assemblea dei fedeli e neppure dalla loro comunione. Essa è il «sacramento del Sacrificio» di Cristo, che da solo basta a soddisfare la giustizia del Padre e redimere il mondo.

11 - Altro è il sacerdozio ministeriale dei «presbi­teri» che rappresentano il Cristo-Capo, dal sacerdo­zio comune dei fedeli, per i quali il Cristo (nei suoi ministri) intercede presso il Padre. Se Gesù, offrendo se stesso, offre anche i fedeli, membri del suo Corpo; i fedeli offrono se stessi in Lui e per Lui, partecipan­do alle sue disposizioni di Vittima.

12 - Se le Messe sono numericamente molte, uno e irripetibile però resta il Sacrificio della croce da esse ripresentato in ogni luogo e tempo. Perciò si moltiplica «il segno» (= sacramento), non la Realtà significata, ossia il Mistero della Morte espiatrice e redentrice di Cristo; com'è certo che, se si moltipli­cano le «ostie consacrate», la Sostanza del Corpo di Cristo resta numericamente identica, immoltiplicata e immoltiplicabile, ovunque si celebra il Sacrificio eucaristico. Tutto ciò è possibile solo per la totale conversione della sostanza del pane e del vino nella sostanza, non nelle dimensioni naturali dell'Uo­mo-Gesù, le quali gli avrebbero impedito di essere contemporaneamente in molti luoghi.

13 - Una è la Messa concelebrata da molti sacer­doti, perché uno è il rito a cui essi partecipano e una, indivisibile, la consacrazione di tutti, anche se ciascu­no ha le sue particolari intenzioni.

14 - Il valore della Messa concelebrata da molti sacerdoti non è maggiore di quello della Messa indi­viduale, perché nell'una e nell'altra identico è il Sacerdote: Gesù, principale Offerente e principale Vittima offerta. Non da altri dipendono la dignità e l'efficacia salvifica del Sacrificio, anche se molti «ministri» rivelano l'unità del loro «ministero», sem­pre essenzialmente relativo al sacerdozio di Cristo.

15 - Il Sacrificio della croce - reso evidente nella Messa - , essendo il supremo atto di amore di Gesù al Padre (e a noi), riassume e concentra in sé tutti i misteri rivelati, l'amore di Maria e di tutti gli Angeli, i meriti di tutti i Santi, superando in efficacia tutti i Sacramenti, tutte le funzioni liturgiche, tutte le prati­che devozionali private e pubbliche, tutte le iniziative pastorali, tutte le conquiste missionarie, perché tutto scaturisce dal valore infinito dell'Offerta cruenta di Cristo, come da essa dipende la stessa gloria della sua (e nostra) risurrezione, la santità e la beatitudine eterna dei fedeli.

16 - Se ogni singola Messa ha tale e tanto valore, è certo che la pluralità numerica delle Messe costi­tuisce una miniera inesauribile di benefici per la Chiesa (Corpo di Cristo in incessante sviluppo), per i singoli sacerdoti, per tutti i fedeli vivi e defunti. In realtà, la partecipazione alla Messa, per quanto sia intensa e meritoria, tuttavia ogni volta - nel tempo - è sempre finita e quindi capace di un perfeziona­mento sempre maggiore. Ed è per questo che la Chiesa, nel moltiplicare il numero dei sacerdoti, vir­tualmente moltiplica il numero delle messe, offren­do ai fedeli la possibilità di una partecipazione sem­pre più frequente e fervente al Sacrificio eucaristico. Il bene, sempre limitato, ottenuto da molte Messe supera quello percepito da una sola Messa. Perciò, nemico della Chiesa è chiunque pretende di ridurre il numero delle Messe: egli è responsabile del più nefa­sto impoverimento della sua vita, tendente a paraliz­zarne l'opera, screditarne il prestigio, esporla agli assalti più micidiali di Satana.

17 - La dignità trascendente della Messa esclude che la si possa vendere o comprare. L'offerta dei fedeli esprime unicamente (come un suo simbolo) l'interna partecipazione di ciascuno al Sacrificio eucaristico. Nessuno, per essa, può presumere di «appropriarsi» tutti i benefici della Messa, com'è certo che le molte intenzioni particolari non la rendono meno valida che se fosse celebrata soltanto per una: la luce del Sole è percepita indifferentemente da una come da mille persone.

18 - «Il sacerdote come ministro (...), deve avere un particolare senso del bene comune della Chiesa che egli rappresenta mediante il suo ministero (...). Egli non può considerarsi come “proprietario” che libe­ramente disponga del testo liturgico e del sacro rito come di un suo bene peculiare così da dargli uno stile personale e arbitrario. Questo (...) è sempre tra­dimento di quell'unione che, soprattutto nel Sacra­mento dell'unità, deve trovare la propria espressio­ne...» (Giovanni Paolo II, Domin. Cenae, 12).

19 - Durante la Messa: si sta in piedi, quando si prega; si sta seduti, quando si ascolta; si sta in ginoc­chio, quando si adora nei due momenti più sublimi della celebrazione: la consacrazione e dopo la comu­nione. Il saluto finale del sacerdote annunzia il termi­ne del rito liturgico, ma non dispensa i fedeli che hanno ricevuto l'Eucaristia di restare in chiesa per prolungare il dovuto ringraziamento al Signore.

20 - «L'adorazione di Cristo in questo Sacramento di amore deve poi trovare la sua espressione in diverse forme di devozione eucaristica: preghiere personali davanti al Santissimo, ore di adorazione, esposizioni brevi, prolungate, annuali (quarantore), benedizioni eucaristiche, processioni eucaristiche, congressi eucaristici (...). Tutto ciò corrisponde (...) ai principi generali e alle norme particolari già da tempo esistenti, ma nuovamente formulate durante o dopo il Concilio Vaticano II» (Giovanni Paolo II, op. cit.).

 

 


 

Le Fonti:

 

 

- Il II Concilio di Lione, Professione di fede 6.7.1274, D-S 860.

 

- Concilio di Firenze, Decretum pro Armeniis, 22.11.1439, D-S 1320-2.

 

- Concilio di Trento, sess. XIII, 11.10.1551, Decretum de ss.ma Eucharestia, D-S 1635-1661; sess XII, 17.9.1562, Doctrina de ss. Missae Sacrificio, D-S 1738-1759.

 

- Concilio Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 2-16; Lumen Gentium, 26; Presbyterorum Ordinis, 2, 5, 13.

 

- Innocenzo III, Cum Marthae circa, 29.11.1202, 782-784.

 

- Urbano IV, Transiturus de hoc mundo, 11.8.1264, D-S 846-7.

 

- Pio IV, Iniunctum nobis, 13.9.1564, D-S 1866.

 

- Pio VI, Auctorem fidei, 28.8.1794, D-S 2627-33.

 

- Leone XIII, Mirae caritatis, 28.5.1902, D-S 3360-64.

 

- Pio X, Sacra Trdent. Synodus, 16.12.1905, D-S 3375-83.

 

- Pio XII, Mediator Dei, 30.11.1947.

 

- Paolo VI, Mysterium fidei, 3.9.1965; Professione di fede, 30.6.1968. - Istruzioni: Eucharisticum mysterium, 25.5.1967; Memoriale Domini, 29.5.1969; Immensae caritatis, 29.1.1973; Liturgicae istaurationes, 5.9.1970; De quibusdam normis circa cultum Mysterii eucharistici, 3.4.1980. - Decreti: Ecclesiae semper, 7.3.1965; Declaratio de concelebratione, 7.8.1972. Oltre alla Istitutione

 

- Urbano IV, Transiturus de hoc mundo, 11.8.1264, D-S 846-7.

 

- Pio IV, Iniunctum nobis, 13.9.1564, D-S 1866.

 

- Pio VI, Auctorem fidei, 28.8.1794, D-S 2627-33.

 

- Leone XIII, Mirae caritatis, 28.5.1902, D-S 3360-64.

 

- Pio X, Sacra Trdident. Synodus, 16.12.1905, D-S 3375-83.

 

- Pio XII, Tmediator Dei, 30.11.1947.

 

- Paolo VI, Mysterium fidei, 3.9.1965; Professione di fede, 30.6.1968. – Istruzioni: Eucharisticum mysterium, 25.5.1967; Memoriale Domini, 29.5.1969; Immensae caritatis, 29.1.1973; Liturgicae instaurationes, 5.9.1970; De quibusdam normis circa cultum Mysterii eucaristici, 3.4.1980. – Decreti: Ecclesiae sempre, 7.3.1965; Declaratio de concelebrazione, 7.8.1972. – Oltre alla Institutio generalis del Messale Romano, Roma, 1984. De sacra comunione et de cultu Mysterii eucaristici extra Missam, ed. typ. 1975.

 

- Giovanni Paolo II, Dominicae Cenae, 24.2.1980.

 

- Cf. S. Tommaso, Summa Theologiae, III, qq. 73-83; Summa c. Gent., IV, cc.  IV, dd. 8-13; in 1Cor 11, lect. 4-7, 621-699.

 

 

Hosted by www.Geocities.ws

1