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DALLA GRAFICA AL SEGNO-GESTO E L'ESIGENZA DEL "MEZZO NUOVO"

Nel periodo dello Spazialismo Fontana, come si è visto, esalta l'ambientazione, ma non solo, nelle sue opere più conosciute, quelle per così dire "pittoriche", l'artista esalta il segno, più precisamente il segno-gesto.
Fontana, nella grafica, traspone quella gioia di vivere e quell'ottimismo che lo caratterizzano nella vita. Egli è un uomo semplice, aperto all'amore per la vita, i suoi
disegni esprimono proprio "la gioia di muovere il segno" (1), un segno libero, spesso automatico, senza correzioni, senza chiaroscuro, da cui si può facilmente intuire la tensione dell'artista verso la purezza, l'essenzialità, il riposo, che lo porterà alla superficie con un solo, semplice taglio.
Nei disegni, inoltre, Fontana non si ferma

"alla generica distinzione di astratto e figurativo: sui vari fogli concreta tutte le sue intuizioni, le idee, le illuminazioni improvvise, ma sempre con assoluta sicurezza" (2).

Wildt influenza ancora una volta l'arte dell'allievo con il suo linearismo essenziale, ma si avverte anche l'influsso del, più luminoso, grafismo di Matisse, certi disegni di Picasso, particolarmente quelli cubisti e del periodo blu, si sentono in certi tagli di Fontana che, a volte, si spinge sino alle distorsioni degli artisti della Brücke, o all'automatismo surrealista, o, ancora, alla dinamica dei futuristi, specialmente degli ultimi anni, quando il Futurismo era già incline al Costruttivismo, d'altra parte anche l'Astrattismo è una sollecitazione per Fontana, che, come si è visto, è anche vicino al primitivismo di Sironi.
Torna ancora alla ribalta, quindi, il carattere eclettico di Fontana, che, al di là di un semplice reimpiego di tecniche già sfruttate, assorbe tutti i linguaggi coi quali viene a contatto per rielaborarli originalmente, arricchendo così il proprio:

"Fontana, con la sua forte personalità, si muove libero, lascia la meta raggiunta, va oltre, perché la sperimentazione, il nuovo lo affascina: anche se poi non dimentica, e non tralascia, le precedenti esperienze" (3).

In un primo momento il segno di Fontana è grafico: è un segno lirico, libero e rapido (fig. 51).

"Questa rapidità dinamica", dice Guido Ballo, "presuppone la spinta della memoria: tutto in Fontana si svolge attraverso la memoria. Ma la memoria diventa subito fantasia, si accende, si trasforma: da qui una libertà che a volte si rivela visionaria" (4).

Proprio per questa libertà quasi visionaria l'artista va oltre il linearismo, ed inventa il segno-gesto, ma egli ama la sperimentazione, il superamento della meta raggiunta, che, oramai toccata, non lo appaga più, perciò il segno gestuale non rappresenta per Fontana una meta oramai insuperabile, è sempre e comunque luogo di sperimentazione, di evoluzione:

"Fontana inventa il segno gestuale, carico di energia, con cui buca, strappa, violenta la superficie della tela, del cartone, della carta (fig. 52): è un segno-gesto che supera fisicamente lo spazio bidimensionale e si arricchisce, in un secondo tempo, di accostamenti materici (fig. 53 e fig. 54), per attuarsi poi nel gesto del taglio (fig. 55) e infine nel contrappunto di sagome sovrapposte ai margini del quadro (fig. 56), in modo che dal quadro si passi decisamente alla pittura-oggetto" (5).

Il passaggio che avviene è quindi dal segno linearistico, un segno sicuro, senza pentimenti, al segno-gesto, che tende all'indeterminato, all'infinito, ma sempre attraverso un atto inequivocabile. È così che il segno oltrepassa la superficie, violentandone l'integrità, intenzionato a superarla, ma accentuandone paradossalmente l'esistenza:

"[Fontana] finì [...] spesso con l'esaltare il silenzio della superficie proprio quando intendeva romperla, andare oltre i limiti delle due dimensioni". "L'intenzione è di andare oltre la parete: il risultato finisce con l'accentuare il valore della superficie, che però acquista risonanza nuova, di presenza che fa intuire altri spazi indefiniti" (6).

Il quadro diviene pittura-oggetto, il segno diviene segno-gesto, è così che Fontana giunge alla tipologia dello Spazialismo più nota al pubblico, quella dei Concetti spaziali, ma, oltre alla genesi del segno-gesto, per meglio comprendere i Concetti, è necessario esporre brevemente la poetica del "mezzo nuovo" nell'arte.
Come si è visto nel primo capitolo Wildt influenza Fontana - in maniera profonda, ma poco evidente - soprattutto per la libertà nell'utilizzo di materiali diversi. Dal padre, invece, l'artista apprende la fondamentale importanza del virtuosismo tecnico, condizione necessaria per un linguaggio davvero libero. Giunti oramai alle soglie degli anni '50 ci si accorge di quanto siano effettivamente importanti questi insegnamenti, anche se, in realtà, l'auspicata "evoluzione del mezzo nell'arte", diviene soltanto una spregiudicata libertà nell'utilizzo di mezzi anche antichissimi.
Sin dalla formazione, ovviamente, il dominio dei mezzi espressivi è di primaria importanza nel linguaggio fontaniano, ma è con lo Spazialismo che diviene essenziale, poiché permette all'artista di concretare visivamente ogni moto della fantasia, ogni immagine che proviene dal subcosciente "magnifico ricettacolo dove alloggiano tutte le immagini che l'intelligenza concepisce", come recita il
Manifiesto Blanco. Ma il dominio dei mezzi non è sufficiente e così, nello stesso Manifiesto, viene postulata la "necessità di nuovi materiali tecnici" e si afferma che "il cartone dipinto e il gesso eretto non hanno più ragione di essere" poiché "l'uomo [moderno] è esausto di forme pittoriche e scultoree". Ma i nuovi mezzi non ci sono, non arrivano, o, forse, non vengono utilizzati, tant'è vero che, nel Primo manifesto dello Spazialismo, pur ribadendo la necessità di nuovi mezzi, la posizione nei confronti di quelli antichi si addolcisce:

"È impossibile che l'uomo dalla tela, dal bronzo, dal gesso, dalla plastilina non passi alla pura immagine aerea, universale, sospesa [...]. Siamo convinti che, dopo questo fatto, nulla verrà distrutto del passato, né mezzi né fini, siamo convinti che si continuerà a dipingere e a scolpire anche attraverso le materie del passato, ma [...] queste materie [...] saranno affrontate e guardate con altre mani e con altri occhi".

Soltanto nel Manifesto tecnico si incomincia finalmente a parlare in maniera più concreta dell'"evoluzione del mezzo nell'arte", ma ci si accorge che, significativamente, il discorso è accentrato sull'architettura, il cui "nuovo mezzo" è il cemento armato, ma anche - "per ora" scrive Fontana - il neon, la luce di Wood, la televisione.
In realtà i nuovi mezzi utilizzati da Fontana si fermano a quelli citati nel
Manifesto tecnico e sono prerogativa, appunto, dell'architettura e delle opere ambientali. Nelle sue opere "pittoriche" e scultoree continua infatti ad utilizzare materiali tradizionali, se non addirittura antichissimi:

"Pur parlando [...] del nuovo mezzo in arte [...] alla fine i mezzi che Fontana adopera sono dunque antichissimi: ceramica, terra, pietre, colori a pastello, a tempera, a china, usa anche lustrini, ferro, zinco, rame, tela, carta, cartone: e gli effetti, mentre sono inediti dal punto di vista espressivo, vorrebbero portarci verso l'avvenire - lo fanno intuire - ma più decisamente ci conducono ai primordi, alle tradizioni antichissime, dimenticate nei secoli" (7).

Luciano Colavero

 

 

 

(1) Guido Ballo, Lucio Fontana. Idea per un ritratto, Edizioni Ilte, Torino, 1970. (Torna)
(2) Ivi. (
Torna)
(3) Ivi. (
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(4) Ivi. (
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(5) Ivi. (
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(6) Guido Ballo, presentazione a Lucio Fontana, Palazzo Reale, Milano, 19 aprile - 21 giugno (prorogata al 31 luglio) 1972. (
Torna)
(7) Ivi. (
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