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L'ATTIVITA' DI CERAMISTA

Nel periodo astrattista, come s'è detto, Fontana continua a realizzare opere figurative, sviluppando immagini in terracotta, in gesso e cemento colorati; queste esperienze lo portano, nel '35, ma soprattutto nell'estate del '36, ad avviare una copiosa produzione di sculture a gran fuoco ad Albisola e, in seguito, a Sèvres.
Sculture come Le amanti dei piloti (1931), Donna alla finestra (1931),
Bagnante, la - tanto elogiata dal Persico - Signorina seduta, mostrano una modellazione diversa rispetto alle precedenti esperienze. L'impiego del colore segna profondamente questa evoluzione, che porta l'artista ad esiti, sì, espressionisti, ma di un differente espressionismo se messi a confronto con la modellazione dell'Uomo nero. Queste sculture presentano superfici scabre, hanno intonazioni quasi liriche, nella loro aspirazione al cielo, in esse sono fortemente accentuati i valori cromatici e i contrasti fra i colori - anche bianco e nero assumono valore coloristico in queste opere assolutamente "anti-monumentali":

"La scultura di Fontana [...] perde ogni monumentalità oratoria, quasi in un precorrimento della 'pop-art': il disegno preparatorio, inventato con sottile estro, rivela ancora di più la tendenza alla spazialità di compenetrazione ambientale" (1),

afferma Ballo a proposito di queste opere, nelle quali, dice Morosini, il colore è usato come mezzo per l'"accentuazione delle superfici in vista di un più drammatico risalto" (2).
Queste sculture tendono, come sempre accade, d'altronde, nell'opera fontaniana, a porsi come una mediazione fra pittura e scultura : gli accenti coloristici, la prevalente bidimensionalità dei lavori, o comunque la volontà di porre il fruitore di fronte all'opera da un solo punto di vista, sembrano giustificare l'uso del termine "Scultura pittorica", usato da Morosini, per queste opere.

La "Manifattura Giuseppe Mazzotti", luogo d'incontro di artisti d'avanguardia animato da Tullio D'Albisola, è la meta di Fontana nell'estate del '35. Le sculture a gran fuoco ivi realizzate segnano un nuovo momento della poetica fontaniana.
Ad Albisola Mare Fontana scolpisce la famosa
Paulette - che si staglia nella produzione di questi anni per il suo peso plastico - ma più interessanti sono le serie di opere che affrontano il tema della natura morta, come i "Leoni", i "Fondi marini", i "Delfini", le "Sirene", i "Cavalli", le "Farfalle".
Il colore di queste opere è antinaturalistico, sia brillante che opaco si risolve in poche, grandi campiture essenziali. Ancora una volta ci si trova di fronte a sculture "ambientate", ideate per occupare lo spazio aperto di un giardino, di un parco o, meglio, di un bosco, mostrandosi come "rocce sulla terra tra foglie e arbusti"
(3), "rocce" che, come spesso è stato rilevato, precorrono il periodo Spaziale:

"Queste sculture in grès [...] sono lontane anticipazioni [...] delle grandi terrecotte fontaniane dette 'Nature', del 1959-60" (4).

In questi anni, segnati anche dall'utilizzo del mosaico,  l'artista realizza mostre dedicate alle sole sculture in ceramica, mostrando che la parentesi di scultore-ceramista è tutt'altro che secondaria:

"Chi ricorda i suoi gessi colorati (la Vittoria azzurra, le Ospiti, la Donna con lo specchio) trova logica questa parentesi artigiana nell'opera dello scultore. [...] Così le sue ceramiche [...] non sono né una bizzarria, né un paradosso, ma ancora una testimonianza della straordinaria intelligenza creativa del nostro amico" (5),

scrive Sinisgalli nel '38.
L'attività di ceramista, d'altronde,  prosegue a lungo (
fig. 33), Fontana non l'abbandonerà mai, neanche con l'avvento del periodo Spazialista quando, paradossalmente, la sua immagine sarà più che mai legata all'attività di scultore di ceramiche (fig. 34 e fig. 35):

"Gli esordi dell'arte spaziale non provocano reazioni di particolare interesse, anche perché l'attività cui è più legata l'immagine pubblica dell'artista è quella di ceramista" (6).

È interessante, infine, ricordare che le ceramiche fontaniane, anche se possono apparire costantemente gioiose, "leggere", sono in grado di sfociare in una grande tensione emotiva e drammatica. La serie delle "Deposizioni" e i diversi bozzetti per la quinta porta del Duomo di Milano (giudicati nel 1951) rivelano appunto come Fontana sappia esprimere la tragedia dell'uomo, il suo dramma esistenziale, i suoi dolori:

"La figura di Cristo, nelle diverse Deposizioni, è contorta, macerata, non per semplici ricerche coloristiche o di luce in frammenti, ma per rendere l'estrema sofferenza; [Fontana] riduce così il cromatismo a poche macchie che spezzano di più la forma, e rende, coi tocchi concitati, l'espressione più acuta nei contrasti, dando alla luce stessa una vivissima risonanza interiore" (7).

Luciano Colavero

 

 

 

(1) Guido Ballo, Lucio Fontana. Idea per un ritratto, Edizioni Ilte, Torino, 1970. (Torna)
(2) Duilio Morosini, prefazione a Lucio Fontana, 20 disegni, Edizioni di Corrente, Milano, 1940. (
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(3) Guido Ballo, Lucio Fontana. Idea per un ritratto, Edizioni Ilte, Torino, 1970. (
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(4) Enrico Crispolti, Lucio Fontana, Catalogo Generale, Edizioni Electa, Milano, 1986. (
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(5) Leonardo Sinisgalli, Ceramiche di Lucio Fontana, "Domus", a. XVI, n. 125, Milano, maggio 1938. (
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(6) Giorgio De Marchis, L'arte in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale, in Storia dell'arte italiana, il Novecento, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1982. (
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(7) Guido Ballo, Lucio Fontana. Idea per un ritratto, Edizioni Ilte, Torino, 1970. (
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