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UN ASTRATTISTA "ERETICO"

Nello stesso anno in cui scolpisce l'Uomo nero Fontana progetta un monumento commemorativo per lo scultore scapigliato Giuseppe Grandi (fig. 22). Un grande elemento plastico astratto, della forma del tronco di cono rovesciato che ha un dinamismo fra la spirale e il vortice, è il bozzetto di Fontana, ma lo scultore non rinuncia a una piccola nota figurativa, alla base dell'opera.
In un articolo su "La Casa Bella" Persico sottolinea la portata innovativa di questo progetto:

"Scommettiamo che la giuria approverà la fontana simbolica, o stabilirà una gara di secondo grado. Ma il progetto di Lucio Fontana non lo vedremo mai realizzato: se portasse la firma di Vesnin e fosse pubblicato da una rivista estera tutti ne loderebbero lo stile e l'audacia, rimpiangendo che in Italia non vi siano artisti moderni" (1).

In realtà Fontana non vincerà il concorso, ma il progetto segna comunque un ulteriore sviluppo del suo linguaggio.
In questi anni l'artista si avvicina infatti al gruppo degli astrattisti italiani, ponendosi però in una posizione, per così dire, "eretica".
Alla tendenza essenzialmente geometrizzante degli altri astrattisti, fondata sull'ordine, sul rigore, sulla geometria come chiave di modernità - a detta degli stessi artisti - Fontana oppone un ordine molto provvisorio, dietro il quale è facile notare una critica di fondo all'essenza stessa dell'arte astratta, troppo rigida per uno scultore libero come Fontana, che

"dell'astrattismo ha rifiutato proprio la condizione prima di ordine e di rigore plastico, per un linguaggio sottilmente approssimativo" (2).

Ma la ricerca di Fontana si discosta da quella degli artisti del Milione anche per un altro motivo: essa ha esiti astratti e figurativi allo stesso tempo.
In questo sembra quasi di trovarsi di fronte all'esperienza picassiana, che l'artista certamente conosce. Il grande maestro spagnolo, infatti, mentre compone quadri cubisti, ne realizza altri in cui la visione dell'oggetto non è scomposta, senza fermarsi su di una visione unilaterale dell'arte. Fontana in un certo qual modo fa lo stesso: realizza sculture astratte, partecipando alle mostre del gruppo, ma intanto compone opere figurative, che la critica ritiene siano le migliori. In entrambi i casi però - sia in Picasso che in Fontana - non si tratta di ambiguità, di atteggiamento equivoco, ma di pura e semplice libertà espressiva, fondamentalmente eclettica, ancora più anticonformista di quella degli artisti "ortodossi", che si rinchiudono in canoni prima ancora di fondare una propria poetica.
L'atteggiamento dell'artista italo-argentino, oltre che dagli astrattisti, non è ben visto neppure dai critici, neanche da quelli aperti all'opera di Fontana. Persico stesso, pur inserendole nella sua monografia, non ritiene che le sculture astratte siano le "cose migliori" dell'artista, che in questi anni realizza opere di gran lunga più interessanti, quali la
Signorina seduta o la Vittoria dell'Aria, entrambe del '34. Anche Giulio Carlo Argan non apprezza come vere sculture queste opere, considerandole di valore soltanto come esperimenti, quasi fossero un "errore di percorso" sfociato per caso in qualche cosa di positivo.

Le prime avvisaglie di opere non-figurative sono da ricercare, oltre che nella citata fontana Grandi, in alcune "tavolette grafite" del '31-'32 (fig. 24 e fig. 25).
Contemporaneamente alle tavolette di figurazione primeva che hanno il loro precedente nell'
Uomo nero, Fontana realizza infatti altre tavolette, sempre graffite, ma non-figurative. Tali lavori sono particolarmente interessanti perché permettono di comprendere come la frattura, fra il figurativo e non-figurativo, sia inesistente in Fontana.
Si è parlato, per queste opere, di "parasurrealismo" fontaniano, il termine, introdotto dal Persico, sta ad indicare una volontà di sondare l'inconscio, o meglio, come si dirà nel
Manifiesto Blanco, il "subconscio". Sia le tavolette "espressioniste" che quelle "astrattiste" hanno quindi la stessa premessa: l'automatismo grafico di derivazione surrealista, anche se, in realtà, Fontana non partecipa allo sperimentalismo surrealista, ma, soltanto, ad alcuni suoi risultati.
Il segno nelle opere figurative e nelle tavolette astratte è dunque "il medesimo, graffito, inciso, scritto nella materia" e anche il colore "è analogo, apposto sfalsato da ogni compito di descrizione", afferma Crispolti
(3).
La ricerca astrattista di Fontana tuttavia, pur iniziando nel '30, si sviluppa essenzialmente nelle sculture del '34, con le quali partecipa, l'anno seguente, ad "Abstraction-Création" a Parigi.
Esistono, dice Crispolti, "due polarità" della scultura fontaniana astratta di questi anni:

"Una d'accento vagamente geometrizzante, in una certa maggiore rettilineità dei profili (fig. 26) [...]; l'altra d'accento vagamente fitomorfico o comunque organico, ameboide a volte, con un'interna scrittura graffita automatica" (fig. 27) (4).

Tutte queste sculture, pur nelle differenti tipologie, sono però accomunate da un'estrema precarietà dovuta all'utilizzo di esili armature in ferro, per sorreggere il corpo in gesso o cemento, ed hanno inoltre una piattezza bifacciale che, assieme all'intervento di scrittura automatica, le caratterizza.

"Queste sculture, sagomate e mosse nei contorni, avrebbero potuto risultare freddamente calligrafiche: invece si impongono per la vitalità del ritmo, che dall'interno dell'espressione stessa richiama gli spazi con una dinamica festosa [...]. L'Astrattismo per Fontana è diretta, immediata possibilità di espressione lirica: inventata per impulso" (5),

afferma Ballo, riportando il discorso sul carattere istintivo di Fontana e sul suo gioioso ottimismo, che diviene lirico nelle opere.
Le sculture del '34, rispetto alle tavolette del '31, appaiono più "costruttiviste", ma, a ben vedere, non indicano affatto una frattura, sono, anzi, il più naturale sviluppo delle precedenti ricerche, come si può vedere nei numerosi disegni e schizzi che ne precedono la realizzazione. In questi Progetti per sculture è evidente che l'idea è sempre fortemente emotiva, automatica, assolutamente irrazionale, "è facile accorgersi", dice Ballo, "che si tratta di un costruttivismo caldo di tensione emotiva, di estrosa urgenza già spaziale nel bisogno di ambientazione"
(6).

Luciano Colavero

 

 

 

(1) Edoardo Persico, su "La Casa Bella", gennaio 1932. (Torna)
(2) Duilio Morosini, prefazione a Lucio Fontana, 20 disegni, Edizioni di Corrente, Milano, 1940. (
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(3) Enrico Crispolti, Lucio Fontana, Catalogo Generale, Edizioni Electa, Milano, 1986. (
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(4) Ivi. (
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(5) Guido Ballo, Lucio Fontana. Idea per un ritratto, Edizioni Ilte, Torino, 1970. (
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(6) Ivi.
(Torna)

 

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